Niente parolacce, battute volgari, amanti e bunga bunga, strutture portanti dei cinepanettoni di una volta.
I tempi sono cambiati e oggi Neri Parenti, il padre del genere, fa una fantasy-comedy per non rischiare nulla.
È il caso appunto di Volevo un figlio maschio, in sala con Medusa dal 5 ottobre, con protagonista un calibrato Enrico Brignano nei panni di Alberto, assicuratore benestante, che sogna da sempre di avere un figlio maschio con cui condividere cibo, calcio e auto, ma il destino gli ha dato invece tre figlie femmine e una moglie, Emma (Giulia Bevilacqua), che gli impone una vita sana, colta e nel segno del femminile. Quando Emma è in attesa del quarto figlio, Alberto chiede alle stelle di avere almeno un maschio e il suo desiderio viene esaudito per eccesso. Per incanto le sue tre figlie femmine diventano maschi, ma per l’uomo le sorprese non finiranno qui. “Io ho fatto cinquantaquattro film, oggi probabilmente non me ne farebbero fare neppure uno, perché sono politicamente scorretti – dice oggi a Roma Parenti -. Ora, senza arrivare ai famigerati cinepanettoni, un film come Fantozzi oggi non si potrebbe fare. Perché? Semplice: la moglie è brutta, la figlia sembra una scimmia e la stessa Silvani non è certo bella. I padroni poi sono cattivi, insomma tutte cose oggi tabù. Volevo un figlio maschio invece è un film politicamente corretto perché siamo andati su una storia che lo permetteva”. Si tornerà mai indietro? “Penso di no, perché chi comanda nel cinema oggi sono le piattaforme, che avendo una platea mondiale hanno bisogno di un prodotto che possa andare in qualsiasi parte del mondo. Un esempio banale: un nudo non sarà mai accettato ovunque. Ora di questa situazione a soffrire di più è ovviamente la commedia, perché si è sempre basata anche su scontri regionali, su luoghi comuni: milanesi gran lavoratori, romani cialtroni e siciliani gelosi, tutte cose che in Norvegia non capirebbero, per non parlare poi dell’Arabia Saudita”.
Gli fa eco Enrico Brignano: “È come se qualcuno desse un giudizio su ogni tua battuta e cercasse anche di modificarla, qualcuno poi che non ha capacità comiche e così ogni ironia muore. Oggi – continua l’attore – c’è sempre un’associazione, un comitato del peluche che se ne parli male ti querela, ti denuncia. L’ironia poi è la cosa meno compresa, se molti popoli la avessero, sostituirebbero i loro arsenali con delle vignette”. Conclude Parenti: “È da pazzi non poter dire ciccione o cicciona quando poi la stessa piattaforma che ti impedisce questi termini fa vedere una serie con un bambino sciolto nell’acido. Questo forse è lo strascico di una cosa lodevolissima come il #MeToo a difesa delle donne. Purtroppo poi tutto si è allargato fino ad arrivare alla difesa dei criceti”. Volevo un figlio maschio è prodotto da Beppe Caschetto per IBC Movie e da Flavia Parnasi per Combo International in associazione con Medusa Film.