“Non ho lasciato l’Empoli, ho accettato il Cagliari: era un desiderio latente da quando ho iniziato ad allenare.
Questa è sempre stata una piazza che mi ha coinvolto, da fuori. Ora sono dentro”. Il nuovo mister del Cagliari Davide Nicola si è presentato così nella sua prima conferenza stampa in rossoblu. “Sicuramente – spiega – è stata una trattativa lunga, sono due società molto serie rispettose dei ruoli di ognuno”. “Ho ricevuto un’accoglienza fantastica – racconta – mi ha dato subito un senso di comunità e famiglia. Non me l’aspettavo, è una spinta a lavorare instancabilmente per raggiungere i nostri obiettivi. Entro nella storia del Cagliari in punta di piedi”.
Eredità pesante. “Mister Ranieri? Persona e carriera sono ineguagliabili – chiarisce Nicola – Sono a Cagliari, a parte il desiderio latente, anche convinto dal fatto che ci sia stato un grande allenatore come lui”. Subito al lavoro: “Ho chiesto alla società di farmi vedere la squadra perché, a parte Scuffet a Udine, non conosco i giocatori. E non vedo l’ora di incontrarli”.
Il passato che si mescola con il presente: “Nella passata stagione il Cagliari ha dimostrato coesione nel gruppo, valore da conservare. Ha fatto vedere compattezza tra i reparti, equilibrio e ricerca della profondità. Per me è importante creare la giusta mentalità. Non è un mistero: mi piace il gioco aggressivo e dinamico. Voglio una squadra che sia capace di creare un’identità e di fare immedesimare i tifosi”.
Il calendario con quattro partite su cinque in casa?. “Sarà importante avere i tifosi vicini, ma quello che chiedo è raggiungere un’identità per avere rendimento qualitativo in casa e in trasferta. Non mi soffermo mai troppo sugli avversari: quando una squadra raggiunge la sua identità può fare bene a prescindere”.
L’etichetta di allenatore dei miracoli? “Io credo in quello che faccio anche a costo di pagare dazio. Le etichette? A me interessa raggiungere gli obiettivi e portare le mie idee in campo: questo è successo iniziando o subentrando. Il resto è dedizione, perseveranza e lavoro: io aggiungo entusiasmo, quello sì è un dono di Dio”.
Obiettivi: “Consolidare il progetto e rimanere in serie A è già importante. Penso che l’ambizione sia insita in ognuno di noi, ma va contestualizzata: si guardano le stelle ma con i piedi piantati per terra. Per una realtà come la nostra fondamentale mantenere la categoria. E mantenere la categoria per anni significa molto. Quindi, prima arriviamo alla salvezza e meglio è”. Capitolo giovani: “Guardo al rapporto con le persone a prescindere dall’età. Uno esperto può essere importante in determinati frangenti, con i giovani si deve avere più pazienza. Ma in generale se una persona ha fame, con me va già molto d’accordo”, racconta l’Ansa.