Gli Usa fanno muro in Consiglio di Sicurezza dell’Onu e mettono il veto ad una nuova risoluzione araba per l’immediato cessate il fuoco a Gaza, sottolineando che “non è il momento di una tregua permanente”.
Nonostante la decisione sia stata subito bollata da Hamas come “un via libera per ulteriori massacri”, il coordinatore del consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha spiegato che gli Usa non potevano sostenere una risoluzione che rischiava di minare i già delicati negoziati in corso. Ribadendo però che qualsiasi operazione rilevante di Israele a Rafah senza un piano per garantire la sicurezza del popolo palestinese sarebbe un disastro. Un cessate il fuoco immediato, ha inoltre spiegato l’ambasciatrice Usa Linda Thomas-Greenfield, “darebbe copertura a Hamas per non rilasciare tutti gli ostaggi”.
Senza considerare poi che la proposta araba non mette per iscritto la condanna della fazione islamica. Nel voto la Gran Bretagna si è astenuta mentre gli altri 13 Paesi hanno approvato il testo. Il veto americano, ha tuonato Hamas, equivale a dare a Israele il “via libera” a compiere “ulteriori massacri, serve l’agenda dell’occupazione israeliana, ostacola gli sforzi internazionali per fermare l’aggressione e aumenta la sofferenza del nostro popolo”. Ma se all’Onu resta lo stallo, qualcosa sembra muoversi al Cairo, altro polo di mediazione. Nella capitale egiziana è arrivata una delegazione di Hamas guidata dal leader Ismail Haniyeh e – secondo fonti egiziane – è sbarcata nel più stretto riserbo anche una missione israeliana. La posta sul tavolo è sempre la stessa: un accordo di scambio per gli oltre 130 ostaggi trattenuti da Hamas nella Striscia.
E una tregua che la fazione islamica vorrebbe permanente, insieme all’uscita dell’esercito da Gaza: richieste però già respinte da Israele. L’obiettivo dei mediatori è di arrivare ad una sospensione del conflitto prima dell’inizio del Ramadan – il 10 marzo – e di fermare l’annunciata operazione di Israele a Rafah, dove si accalcano un milione di sfollati palestinesi. Israele al momento non conferma né smentisce la presenza della propria delegazione al Cairo mentre una fonte dell’ufficio del premier si limita a confermare che si continuerà a fare di tutto per assicurare l’immediato rilascio degli ostaggi. A essere pessimista sulle trattative in Egitto è stato tuttavia lo stesso Qatar, uno dei principali mediatori. Il ministero degli Esteri di Doha ha fatto sapere che non si registrano al momento progressi nei negoziati indiretti tra Hamas e Israele. E una fonte della stessa fazione islamica, sentita da Haaretz, ha detto che la presenza di Haniyeh nella capitale egiziana non rappresenta “una svolta”. La pressione internazionale continua intanto a crescere e ai ripetuti appelli alla de-esclation si è unito quello dell’erede al trono britannico William: “Troppe vittime a Gaza”, ha denunciato invocando una tregua.