Le storie degli artisti, sovente incrociano quelle di mogli, artiste e modelle, la storia di Vincenzo Gemito “‘o scultore pazzo”, non pare tanto dissimile dalla mia tra Napoli e Cagliari, Cagliari e Napoli con biglietto di solo ritorno. La pazzia (presunta) di Vincenzo Gemito, si è alimentata di un possesso che non ho, ma che talvolta ho subito (e ancora subisco, nell’ambito delle complessità delle relazioni che nell’identità di genere maschile, paiono vincolare l’amore al possesso negando il rispetto), quello nei confronti dell’amata moglie Anna, che però posava anche per Domenico Morelli, Vincenzo pensava fosse tradimento, dovrei forse adesso raccontarvi della mia vita privata, ma non lo farò,: quello che è successo a me tra Cagliari, Napoli e altre realtà, in questa mia quasi venticinquennale residenza sud isolana (che sta terminando), ha di fatto determinato un sistema culturale che ho necessità privata di biocentrare e consolidare come esperienza.
Di una cosa sono convinto, l’ho sempre professata e mai negata nei fatti, l’amore non ha nulla a che vedere con il possesso, bisogna lasciare libero chi si ama di muoversi come più si ritiene opportuno, lasciando scegliere quotidianamente cosa è bene per lui, questo almeno fin quando non ci sposa dinanzi a Dio (cosa che non ho mai fatto e vissuto), in quel caso idealmente ci si affida alla fede nell’altro, se ci si crede, e credere nell’altro vuole proprio dire completarsi per credere in Dio, quando questo non avviene non è atto di fede, ma solo d’ipocrisia, dalla quale ci si salva additando l’altro se qualcosa non funziona. Perché dico questo? Perché penso che se certe relazioni tra artisti e con gli artisti non funzionino, è forse perché ci si professa artisti ma non lo si è, e chi fa l’artista per professione, vive, tesse relazioni e si sposa per professione, in realtà l’artista nel nome del suo Dio, fatto linguaggio simbolico dell’arte, ha un unico imperativo, vivere vivendosi e credendoci, nulla è più triste dell’artista privo d’indici, icone e simboli, che rappresenta per altri nel nome della sopravvivenza e sussistenza materiale.
Non chiedetemi perché, ma Gemito, Morelli e Anna, mi hanno fatto pensare che dovessi scrivere questo testo, prima della mia ultima settimana a Cagliari da residente, divorziare è un atto d’amore se lo si sa fare, lo dovrebbero comprenderlo tutti coloro che nel nome dell’amore limitano, puntigliano, controllano, negano e offendono: l’amore non rende pazzi, l’amore armonizza con se stesso chi sa donarsi.
A Cagliari, all’isola, al sud dell’isola, lascio molto di me, intere generazioni di studenti coscienti, tanti lavori e frammenti della mia ricerca di senso esoterico, alchemico e spirituale, gli ultimi all’imprenditore Capoterrese Giovanni Ruggeri, perché concludo questo pezzo con lui? Perché la follia è sempre qualcosa di condiviso, altrimenti non la si potrebbe alimentare, nella pizzeria “La Maddalena” a Capoterra, troverete come reliquie, frammenti della mia vita e della mia casa Cagliaritana, nella speranza che si comprenda che non c’è culto senza studio e cultura di base, l’ignoranza si nutre sempre e solo della fame dell’altro (anche quando si traduce in fama).
di Mimmo Di Caterino