“Sono un sopravvissuto, hanno tentato di seppellirmi in tutti i modi.
Ma il Paese ha scelto contro l’autoritarismo e il fascismo.
La democrazia è tornata in Brasile. Siamo 215 milioni di persone e sarò il presidente di tutti”. Questa l’ultima frase del film Lula di Oliver Stone, passato al Festival di Cannes, che si chiude appunto con l’elezione del 2022. Continuano così i ritratti di uomini politici di tutto il mondo firmati Stone. Questa volta tocca appunto a Luiz Inácio ‘Lula’ da Silva, l’attuale presidente del Brasile con un passato avventuroso alle spalle. Il regista esplora l’ascesa, la caduta e il ritorno trionfale di questo leader straordinario che arriva alla presidenza del Brasile dopo diciannove mesi di prigione. Oliver Stone illumina la personalità del carismatico leader politico durante tutta una serie di interviste senza filtri in cui si rivela cosa c’è dietro l’operazione Lava Jato fatta dalla polizia federale del Brasile ancora in corso.
E questo per portare alla luce un sistema di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobrasil. Un’operazione possibile grazie all’aiuto dell’hacker autore di quegli “Snowden Files” le cui rivelazioni portarono alla liberazione di Lula. Perché raccontare proprio Lula? “Non potresti scrivere un racconto più bello di un ragazzo come lui destinato a diventare presidente – dice Oliver Stone -. In primo luogo, era un sindacalista che non avrebbe mai voluto essere presidente, che non si era mai interessato neppure di politica. Lui è un esempio di come si possa eleggere una persona della classe operaia alla presidenza, di qualsiasi paese. Non devi avere un miliardo di dollari, non devi essere un membro dell’élite.
Questa intanto è una cosa che mi piace molto di lui. E naturalmente poi – aggiunge il regista – la sua storia di vita è molto drammatica. Nonostante questo ha ridotto enormemente la povertà in Brasile, dando soldi direttamente ai poveri. Dieci dollari sono molto più efficaci della promessa di cento dollari o della costruzione di qualche altra grande struttura. Dai loro i soldi direttamente, lascia che la madre o tutta la famiglia decida cosa farne. Questo fa un’enorme differenza. Quei dieci dollari possono fare molta, molta strada”. Nel futuro di Stone ci sarà un altro film di finzione? “Mi piacerebbe. Ho fatto venti film e circa dieci documentari tra cui il lunghissimo, della durata di dodici ore, The Untold History of the United States. Mi piacciono i documentari perché sono onesti, vai nel mondo e racconti davvero com’è. Non sei a Hollywood con attori e trucco dove tutto è artificiale nel senso che è creato davanti alla telecamera. Quindi è un gioco completamente diverso. Ho comunque in mente un film narrativo, ma non posso dire di cosa si tratta. Lo farò il prossimo anno, questo è sicuro”.