Operai e sindacati di Sider Alloys, ‘urge vertice al Mimit’

Operai e sindacati sono determinati a riprendere la mobilitazione, peraltro mai archiviata, e chiedere una svolta per lo stabilimento Sider Alloys di portovesme, nel Sulcis Iglesiente.

Dopo sette anni dall’acquisizione dall’Alcoa, il revamping sembra ancora al paolo di fronte a poche prospettive per il futuro e all’interessamento di una multinazionale che potrebbe rilevare lo stabilimento del Sulcis Iglesiente.

Questa mattina ai cancelli nuova assemblea dei lavoratori e informativa di Cgil-Cisl e Uil alla presenza dei sindaci del territorio, di alcuni consiglieri regionali e dell’assessore regionale dell’Industria Emanuele Cani.

“E’ urgente un incontro al Mimit perchè non vorremmo ci fosse l’idea di smantellare lo stabilimento, proibendo un futuro alla produzione di alluminio primario in Sardegna e in Italia – osserva Roberto Forresu della Fiom – Abbiamo chiesto 8 mesi fa di entrare a visitare la fabbrica e adesso comprendiamo bene perché non ci hanno dato risposta. Quindi c’è la necessità che il Mimit intervenga, visto che il 20% è di Invitalia”.

“L’iniziativa di questa mattina è conseguente al prolungamento delle ferie natalizie comunicata dall’azienda – osserva Giuseppe Masala segretario della Fsm-Cisl – dopo 7 anni la Sider Alloys non è stata in grado di portare avanti questo progetto di rilancio e ora urge un tavolo nazionale per dare una svolta alla vertenza”.

Secondo Renato Tocco della Uilm “la situazione è al collasso. Anche i lavoratori chiedono risposte e dobbiamo trovare chi vuole produrre alluminio primario. Sono passati 7 anni, il rilancio non è avvenuto e il governo deve tirare le somme, per rispetto ai lavoratori e per il fatto che l’alluminio è considerato strategico. Ricordiamo che Invitalia ha il 20% e non può stare solo alla finestra da spettatore”.

“Oggi più che mai l’alluminio in Italia è strategico – dice all’ANSA l’assessore Cani che ha convocato i sindacati alle 13 a Cagliari – nell’interesse dei lavoratori, del territorio e del Paese bisogna lavorare perché riprenda la produzione”.

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