Roma è fuori da Expo con appena 17 voti.
Riad è la candidata che ha vinto con 119 voti. Busan ha ottenuto 29 voti. Festa saudita a Issy-les-Moulineaux, dove la vittoria di Riad nella gara per aggiudicarsi l’Expo 2030 è andata molto oltre le previsioni. Fra gli arabi è festa grande, tra canti tradizionali, baci e abbracci nel Palais des Congrès dopo la decisione dei delegati del Bie, che hanno votato in 165 su 182.
Alla fine trionfa Riad, come previsto, ma la partita non è mai neppure cominciata: 119 voti ai sauditi su 165 delegati votanti, 29 all’agguerrita Busan e soltanto 17 a Roma. Che ancora ieri lasciava trapelare la speranza di prenderne fino a 50 per arrivare al ballottaggio.
Una débacle totale e inattesa nelle proporzioni: “fino all’ultimo, né a noi né ai coreani risultavano numeri di questa portata, quindi anche sull’ultimo miglio qualcosa deve essere successo” dice amareggiato l’ambasciatore Giampiero Massolo dopo il voto. E’ lui, presidente del comitato promotore che ha lavorato due anni per la candidatura di Roma per Expo 2030, l’unico ad alzare i toni nel dopo-votazione: “non critico, non accuso, non ho prove, ma la deriva mercantile riguarda i governi e talvolta riguarda anche gli individui”.
Parole di fuoco quelle di Massolo, che provano a spiegare una sconfitta a 360 gradi della capitale e di un progetto di riqualificazione di un quadrante della città che era di alto profilo. Un tracollo che va oltre le cifre ufficiali di 190 milioni di euro spesi da Riad per la campagna di promozione, 160 da Busan e appena 30 da Roma.
Una sconfitta di cui si avvertiva il sapore già attorno al Palais des Congrès di Issy-les-Moulineaux, nella banlieue di Parigi, dove si è riunito il BIE per la votazione decisiva. C’erano coreani in festa, vestiti con abiti bianchi tradizionali, che cantavano applaudendo i delegati nelle auto nere che li conducevano al voto. E che rendevano omaggio a Parigi intonando una stralunata “Oh Champs-Elysées” in coreano.