Per un nuovo percorso politico alternativo in Sardegna

L'Opinione

Il crescente astensionismo in Sardegna rivela il rifiuto degli elettori nei confronti dei partiti che sino ad oggi hanno governato. Alle precedenti elezioni regionali circa il 50% dei sardi con diritto di voto ha disertato le urne, oltre chi ha scelto la scheda bianca o la nulla per protesta. Chi ci governa è rappresentativo solamente di una piccola parte della nostra società.

Eppure, la diserzione dal voto e, nello stesso tempo, il dilagare di lotte nei territori sardi esprimono una richiesta di cambiamento urgente nella società sarda e nel suo governo.

Chi ha governato la Sardegna sino ad oggi, al di là delle bandiere, non ha esercitato il potere politico a favore delle nostre comunità. Non ha governato con giustizia curando i diritti e interessi di questa Terra e ancor meno di chi per sopravvivere è stato costretto ad emigrare portando all’estero intelligenze, professionalità e ricchezza.

Il centrodestra e il centrosinistra, al di là delle parole spese in campagna elettorale, che costano poco e sono ormai tanto ipocrite quanto respingenti, non hanno espresso buongoverno. E’ come se i loro eletti fossero sempre una seconda fila, mentre i veri capi stanno nell’ombra, oppure a Roma, Milano, Bruxelles.

Il Consiglio regionale ha spesso emanato leggi contro i Sardi. La legge elettorale, che nessuno ha mai voluto cambiare, ne è l’esempio emblematico.

In materia sanitaria, i partiti che hanno governato nelle ultime legislature, hanno adottato acriticamente decreti ministeriali austeritari, favorevoli alle regioni ad alta densità di popolamento con esiti devastanti per una Sardegna sempre più spopolata. Eppure, per citare un esempio significativo, lo stesso decreto DM70/2015 consentiva, per le regioni e province autonome che provvedono autonomamente al finanziamento del Servizio sanitario regionale con fondi del proprio bilancio, autonomia organizzativa compatibile con le peculiarità demografiche e territoriali.

Gli interessi esterni ed estranei si affermano grazie a politici subalterni e conniventi, di centrosinistra o di centrodestra. L’assalto degli impianti eolici nei nostri territori, con autorizzazioni che arrivano da Roma, è solo un ultimo esempio di neocolonialismo.

Per le imminenti elezioni regionali riteniamo necessaria una rottura politica e istituzionale. E’ ancora possibile superare logiche asfittiche e la ripetizione stanca di errori già fatti in passato. Ripartiamo dai nostri anziani, dalle speranze di una nuova generazione, dai nostri piccoli comuni, dalla necessità di tornare ora alla piena attuazione dello Statuto, per prepararci a superarlo raggiungendo il pieno autogoverno, restando collegati con le lotte anticentraliste, antipresidenzialiste, antiautoritarie che si stanno sviluppando in Italia e nell’Unione europea.

E’ giusto unirci, tenendo conto dei tranelli di una legge elettorale escludente, in una lista unitaria per le elezioni regionali, includendo le nostre diversità e tutta la società sarda che ha alzato la testa: civismo, ambientalismo, territorialismo, autonomismo, indipendentismo, tutti i Sardi che si oppongono alla svendita della Terra e della dignità.

Tra i firmatari numerosi intellettuali sardi, personalità di scienza e del mondo delle lotte

(Claudia Zuncheddu – Francesco Casula – Rita Melis – Domenico Scanu – Paola Correddu – Efisio Pilleri – Antonio Muscas – Teresa Vacca – Giuseppe Melis Giordano – Antonio Marchi – Giacomo Meloni – Jonny Melis -Eliano Cau… altri)

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