Disorientati dall’inflazione, dalla perdita del lavoro, dai conti che non tornano, da una separazione o da qualche dipendenza.
E allora cercano una mano d’aiuto.
Per sopravvivere e per provare magari a ripartire. Sono alcuni dei ritratti delle persone che si rivolgono alla Caritas.
La povertà relativa in Sardegna è in leggero calo, -0,4%. “Ma i numeri – spiega Raffaele Callia, responsabile del servizio studi e ricerche della Caritas regionale – dicono che le richieste agli sportelli sono rimaste più o meno le stesse”.
Il 18/o report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna è stato presentato a Cagliari in vista della settima Giornata mondiale dei poveri che si celebrerà domenica 19 novembre. Nel 2022, con un’incidenza del 15,3%, erano in condizioni di povertà relativa circa 113.000 famiglie sarde (oltre 116.000 nel 2021).
Ma si registra, col passare dei mesi, una crescita di redditi e consumi delle famiglie sarde (in particolare di beni durevoli e di servizi). Nel corso del 2022 i centri di ascolto Caritas della Sardegna, distribuiti nei 36 comuni coinvolti nell’indagine, hanno ascoltato – una o più volte – 9.553 persone portatrici di uno o più disagi a livello personale e familiare.
Una cifra che rappresenta – spiegano gli esperti- solo la punta di un iceberg.
I dati del 2022 fanno riemergere una fragilità al femminile, quasi a riportare lo scenario alla situazione precedente alla pandemia. Il fenomeno potrebbe essere spiegato dalla più marcata esposizione della componente femminile alle fragilità del mercato del lavoro in questi ultimi anni – evidenzia il report – come pure dalla maggiore incidenza delle donne fra le persone che si sono trovate a chiedere aiuto per la prima volta alla Caritas per conto della famiglia d’appartenenza, fra cui molte straniere.
Anche nel 2022, a differenza del dato nazionale, ai centri di ascolto si sono rivolti in maggioranza cittadini italiani (67,6% in Sardegna e 39,0% a livello nazionale). Quasi una persona su due è un quarantenne o un cinquantenne. Altro dato. Più bassa è la scolarità e più alta è l’esposizione al disagio sociale. Che cosa si chiede? Beni o servizi materiali (80,4%): i pasti serviti tramite le mense, i viveri confezionati (oltre ai buoni pasto) e i prodotti alimentari conferiti tramite gli “Empori della Solidarietà” e a domicilio; ma anche i prodotti per i neonati, del materiale sanitario, i biglietti per il trasporto pubblico, i prodotti per l’igiene personale e domestica, attrezzatura e mobilio per la casa. Seguono a distanza le richieste di sussidi economici (11,3%):bollette e tasse (il 39,7% dei sussidi erogati), alimentari (16,6%), affitti o spese comunque connesse all’abitazione (15,1%), spese sanitarie (3,3%), spese per pratiche burocratiche (3,1%), spese di trasporto (1,4%) e spese scolastiche (0,5%).