Un’altra opportunità nelle cucine del fast food o in un magazzino per chi è in carcere e sta cercando un futuro dopo aver scontato una pena.
I detenuti, grazie alla collaborazione tra casa circondariale di Uta, imprese, Fipe Confcommercio e associazione Seconda chance, di giorno timbrano il cartellino fuori dal penitenziario per provare a reinserirsi anche nel mercato del lavoro.
“In alcuni casi – ha spiegato il direttore reggente del carcere di Uta Marco Porcu – sono state esperienze entusiasmanti”.
Un progetto con datori di lavoro esterni che operano sul mercato utilizzando le formule previste dall’ordinamento penitenziario. Per ora i detenuti impegnati sono cinque nel settore della logistica più altri tre nella ristorazione.
“Il nostro auspicio – ha continuato Porcu – è che possa essere esteso ad altri detenuti proprio per la valenza trattamentale importante che assume un lavoro vero condotto con criteri aziendalistici rispetto al lavoro all’interno delle mura del carcere che rischia di essere un po’ autoreferenziale”.
I vantaggi? “La specializzazione, l’assunzione di responsabilità, la consapevolezza da parte del detenuto di confrontarsi con il mercato del lavoro esterno in un avvio di quella libertà che verrà concessa al termine della carcerazione.
E’ chiaro che la posta in gioco per il detenuto è sicuramente maggiore rispetto a quella di un lavoratore esterno: ci sono di mezzo la libertà e la possibilità di reinserirsi con dignità nella società esterna”.
Il protocollo è stato firmato dalla Fipe a livello nazionale.
“Un progetto – ha detto Emanuele Frongia, presidente della Fipe Confcommercio Sud Sardegna – che sta ottenendo buoni risultati anche nella nostra regione e che ribadisce non solo il valore economico delle aziende sarde ma anche il loro ruolo sociale”.
Buona risposta delle imprese: “La richiesta c’è – ha detto la referente Seconda Chance Sardegna Donatella Gallistru – spesso di fa fatica a trovare lavapiatti, aiuto cuochi, manovali, operatori della logistica. Noi cerchiamo di favorire questo incontro, accompagniamo l’imprenditore dentro il carcere a fare i colloqui e anche nelle fasi successive. Ad oggi, questo ultimo anno, in Sardegna abbiamo già dieci detenuti che stanno lavorando: speriamo di averne molti di più”.