Nel mio lungo viaggio di ritorno nelle mie origini, passando per Napoli Est e il Liceo Don Lorenzo Milani, mi muovo nei luoghi dell’arte che meglio incarnano la mia idea di autonomia, libertà e tensione esoterica, tentando d’armonizzarmi tra astrale e ancestrale.
Come sempre da Gino Ramaglia, storico rivenditore d’articoli per Belle Arti, la vetrina è uno strumento di relazione e connessione transgenerazionale, uno strumento che preserva la memoria e la registra verso il futuro, in quest’ottica Ugo Scala, storico artista che vive e lavora tra Roma e Sorrento, presenta un lavoro che apre dei file di rappresentazione iconica e simbolica, dove le immagini simboliche sono direttamente connesse al libro “Napoli nessuna e centomila nei racconti di cinquanta scrittori”, testo edito da “La Repubblica” nel 2021, curato da O.Ragone e C.Sannino, il lavoro in vetrina si presenta come unico, in realtà è concepito come fosse un colto desktop digitale, che associa a ogni immagine un racconto, la caffettiera napoletana di un tempo e direttamente connessa al racconto “La verità è immaginazione” di Sandro Veronesi, in altre parole in un’unica tela convivono cinquanta lavori visivi che illustrano un testo narrato collettivo che focalizza Napoli, una meravigliosa operazione di custodia della memoria.
Nell’unica galleria che a Napoli può dirsi storica, parlo della galleria Salvatore Serio, c’è invece la mostra “Labirintiche passioni” di Salvatore Ciaurro, altro pezzo di storia della cultura Napoletana, che racconta con fare Leonardiano, la vita culturale napoletana di una generazione d’artisti che non depone le arti, anzi lotta per affermarsi come viva a dispetto di giovani artisti, sfornati da Accademie che li vorrebbero solo come servi del mercato privato, che vorrebbe rottamarla, ma serve tempo per rappresentare storie e fare la storia, il mercato da soddisfazioni istantanee, ma quanto incide sul valore simbolico della memoria nella comunità? Concludo il focus, con quanto avviene da un altro Salvatore (di nome e di fatto), dell’arte come strumento e processo di ricerca, il gallerista Salvatore Iacono, che nella sua casa galleria, di fatto una chiesa mausoleo in memoria dei genitori scomparsi (dove ho l’onore di esporre per chi fosse interessato al mio lavoro a Ischia), propone a partire dal 22 Giugno, “Non importa chi fosse Pietro; importa ciò che mi ricordo che fosse”, un intervento tra happening e performance, commemorativo, in memoria di Pietro Romano, artista della mia generazione, scomparso troppo presto, che ha trasmesso il valore culturale del simbolo, contribuendo a contrastare l’idea del tatoo privo di contenuto simbolico, come puro fatto estetico, che tanto consumo muove nei minori di diciotto anni con voglia di trasgredire. La realtà à simbolica, gli arimanici secondo Steiner, minano la nostra memoria storica, un esoterista, come lo era Pietro Romano, sa leggere ciò che avviene nello spirito, sente il piano arimanico che abbiamo letto tutti nel 2020, sapeva leggere simboli e archetipi per decriptare la realtà.
di Mimmo Di Caterino