Nella mattina di lunedì 11 dicembre, tre attiviste di Ribellione Animale, con un’azione di disobbedienza civile nonviolenta, hanno imbrattato l’ingresso della Federazione Regionale Coldiretti Piemonte. Le attiviste hanno steso uno striscione e si sono incollate per ostruire il normale accesso all’edificio. Nei loro discorsi e sullo striscione la denuncia: “Coldiretti inquina, sfrutta, uccide”.
“Coldiretti è la principale organizzazione degli allevatori e coltivatori italiani, contante quasi 340 mila aziende iscritte, il 35% del totale censito dalle Camere di Commercio, e detiene il primato anche nella superficie destinata ad allevamenti, quasi il 41% del totale. Il potere della confederazione con a capo Prandini risiede esattamente nel numero di aziende sotto il suo nome. Coldiretti annualmente incassa quasi 35 milioni, più i contributi pubblici. Le risorse vengono usate per pagare profumatamente i dirigenti, attrarre talenti dalle concorrenti e dalle strutture ministeriali.
Coldiretti, con i suoi 1,6 milioni di associati, è filogovernativa da sempre, ma adesso appare più influente che mai grazie al legame con Fratelli d’Italia e quindi con l’esecutivo: la stessa premier Giorgia Meloni è stata il primo capo del governo a visitare il villaggio Coldiretti di Milano; Francesco Lollobrigida è cognato della premier e a guida del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf); Raffaele Borriello, attuale capo di gabinetto dello stesso Ministero, viene direttamente dalle fila dell’associazione. Le capacità di lobbying di Prandini e il favoreggiamento degli interessi privati dell’associazione sono incontrastate. Gli interessi sovranisti del Governo e di Coldiretti, come la crociata contro la carne coltivata, la demonizzazione e lo sterminio della fauna selvatica e il continuo incentivo al finanziamento zootecnico, sono ancora più stridenti di fronte alla crisi climatica ed alla necessità della tutela ecologica.
Nel mondo più di 70 miliardi di animali ogni anno vengono nutriti e uccisi con risorse che potrebbero soddisfare per tre volte la domanda alimentare umana. In Italia, la Pianura Padana si conferma ogni anno tra le zone più inquinate di tutta Europa, concentrando solo al suo interno metà della produzione e sfruttamento nazionale di suini e un quarto di quello di bovini. I principali fattori che causano l’inquinamento ambientale dell’area sono infatti lo spargimento di gas e reflui zootecnici, emessi sia legalmente sia illegalmente.
Questo dimostra l’inefficienza di un modello alimentare che privilegia il profitto di poche industrie. Chiamare “sostenibile” l’industria dell’allevamento è un paradosso se si vuole veramente attuare una politica di sicurezza alimentare e climatica in Italia e nel mondo. L’Unione Europea ogni anno finanzia il settore zootecnico versando circa 30 miliardi di euro tramite i fondi pubblici della PAC (Politica Agricola Comune) incentivando attività devastanti per gli ecosistemi1.
La protesta di Ribellione Animale si inserisce nel contesto della campagna nazionale, “Futuro Vegetale”, iniziata il 31 marzo con delle azioni coordinate all’interno di alcune catene della Grande Distribuzione Organizzata.
Ciò che chiediamo al Governo Italiano è la transizione del sistema alimentare attuale verso uno a base vegetale, alla luce del significativo impatto climatico ed ecologico che ha l’industria zootecnica in Italia e nel mondo. Tra le misure che il Governo Italiano può immediatamente attuare vi è la rimozione dell’IVA al 22% sui prodotti di prima necessità a base vegetale, penalizzando quelli che hanno un alto impatto ambientale. Inoltre chiediamo la sospensione dell’apertura e dell’ampliamento di nuovi mattatoi e allevamenti, in modo tale da redistribuire i sussidi destinati all’industria zootecnica alla transizione agroecologica delle aziende italiane.
Laura, attivista di Ribellione Animale, dichiara: “Qualche mese fa Coldiretti Toscana ha dichiarato: ‘‘Il lupo ormai non è più in pericolo. Salviamo gli allevatori.’’, sostenendo che la fauna selvatica debba essere uccisa per salvaguardare le aziende zootecniche in montagna.
Nell’Italia della caccia al cinghiale come il peggiore spauracchio colpevole dei crimini più nefasti, sento il bisogno di riportare il focus su quanto spazio ci prendiamo da secoli come esseri umani senza alcun rispetto per gli abitanti di altre specie, considerandole a tratti asservite al nostro diletto, come nel caso delle attività venatorie, a tratti un intralcio alla nostra crescita economica sconfinata.
Tutto questo pensiero è riconducibile a un paradigma antropocentrico in cui l’uomo è misura di tutte le cose, in diritto di uccidere e sfruttare ogni vita si trovi sulla propria strada. Oggi scendo in azione per mettere in luce che Coldiretti ha le mani macchiate di sangue nel perpetrare questo sistema di sfruttamento, in cui gli animali non umani vengono esposti come oggetti in fiere etichettate come “sostenibili”. Ha la coscienza marcia nel continuare a trarre proventi dal sostenere gli allevatori, in piena connivenza con il governo italiano. Ho scelto di far divenire il mio corpo e la mia voce uno strumento per denunciare le atrocità racchiuse all’interno di questi palazzi e il genocidio che questo sistema alimentare basato sul predominio porta con sé. Dinnanzi a una federazione che ritiene benefico lo stanziamento di oltre 220 milioni di euro da parte del Governo per finanziare l’industria carnista, sento fortemente che il mio senso etico si oppone all’idea di essere complice di tanta sofferenza. Sono qui per porre una linea netta in difesa della vita che scorre nelle vene degli animali non umani e per invitare tutte noi a riconoscere come legittima e preziosa la compresenza di specie viventi in un paradigma alimentare che ci sta sottraendo umanità e rendendo ogni giorno corresponsabili della morte di vite che non ci appartengono.”
Questa la denuncia del movimento Ribellione Animale che ha imbrattato con vernice l’ingresso di Coldiretti Piemonte.