In Sardegna è una nuova giornata di mobilitazione e discussioni sulle energie rinnovabili e l’assalto delle multinazionali sul territorio sardo.
Mentre nel palazzo del Consiglio regionale sono riunite le commissioni Governo del territorio e Industria per una serie di audizioni sul disegno di legge di sospensione per 18 mesi della realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici cominciate con l’Anci Sardegna, fuori dal palazzo si sono dati appuntamento i comitati territoriali che da anni lottano contro l’installazione di mega impianti che impattano sui campi agricoli, i monumenti archeologici e il paesaggio in generale, anche loro nella lista degli auditi.
Nel frattempo sull’asse Roma-Cagliari, dopo gli attacchi frontali della governatrice Alessandra Todde e della sua maggioranza contro la prima bozza di decreto sulle aree idonee filtrata la scorsa settimana da Palazzo Chigi, sembra tornato il sereno.
Le trattative in questi giorni sono andate avanti e da quanto filtra le eccezioni sollevate dalla Sardegna e da un’altra decina di regioni, soprattutto del Sud, sarebbero state accolte.
I due nodi riguardano la possibilità per le regioni di decidere delle richieste di autorizzazioni avviate ma non ancora autorizzate e la quota di eolico off-shore che la Sardegna vorrebbe fosse ricompresa in quella spettante alle Regioni e non solo per il 40% come ipotizzato nella prima bozza ministeriale.
Bisognerà comunque attendere qualche giorno per conoscere l’esito di questa partita: da quanto si apprende la Conferenza Stato-Regioni che dovrebbe approvare definitivamente il decreto, non verrà convocata prima della prossima settimana, dopo le europee.
Ora l’iter prevede che la commissione tecnica della Conferenza delle regioni faccia sintesi sulle correzioni proposte dalle Regioni alla prima bozza del decreto, quindi la successiva commissione Ambiente e Industria, presieduta dalla Sardegna, approvi il documento finale da inviare alla Conferenza Stato-Regioni guidata da Massimiliano Fedriga.
Occorre fare in fretta, molto in fretta: chiediamo al Consiglio regionale di non perdere più tempo, di utilizzare le norme che sono previste nel regolamento e saltare a piè pari le audizioni in Commissione per arrivare direttamente in Aula”.
Nessun dubbio per i comitati sardi contro l’assalto delle multinazionali dell’energia, che stamattina sono riuniti in sit-in sotto il palazzo del Consiglio regionale, dove si svolgono oggi le audizioni sul disegno di legge della giunta di sospensione per 18 mesi della realizzazione di mega impianti sull’Isola.
“Di fronte all’accelerata che ha fatto il Governo noi stiamo ancora lì a perdere tempo ulteriore – sottolinea Marco Pau, uno dei portavoce, prima di essere ascoltato dai consiglieri regionali -.
Gli ambientalisti contro il disegno di legge di sospensione per 18 mesi degli impianti da energie rinnovabili sul territorio sardo, due le ragioni: “Se approvato così come è stato scritto, sarà sicuramente impugnato dal governo e inoltre il problema è nazionale e serve, semmai, una moratoria a livello italiano”.
Lo sostiene, a nome del Gruppo di intervento giuridico, Stefano Deliperi, atteso in audizione nelle commissioni Urbanistica e Industria del Consiglio regionale, insieme ai referenti delle altre associazioni ecologiste.
“Se approvato così andrà incontro a un’impugnativa davanti alla Corte Costituzionale e sicuramente l’esito è abbastanza scontato – prevede Deliperi – perché c’è una giurisprudenza univoca nel corso degli ultimi anni, per cui le moratorie temporanee o prolungate da parte delle regioni, non sono consentite”.
Per gli ambientalisti del Grig, inoltre, serve una “pianificazione seria a livello nazionale: sia lo Stato a assegnare tramite bandi le aree dove andare a effettuare effettivamente la produzione di energia da fonte rinnovabile”, precisa sottolineando che ora una moratoria nazionale sarebbe molto più veloce “di un’approvazione del completamento del piano paesaggistico per cui ci vorrebbero anni, non mesi, ed eviterebbe il contenzioso davanti alla Corte Costituzionale”.
Per gli ambientalisti “non ha senso produrre folli quantitativi di energia se non per venire incontro agli interessi della speculazione energetica – spiega Deliperi -.
Perché sarà energia che non potremmo consumare, non potremmo conservare, e non potremmo portare dalla Sardegna alla penisola, perché i quantitativi sono enormi”.