Sei agenti di polizia sono stati uccisi e altri dodici sono rimasti feriti in seguito all’attacco terrorista in Daghestan a una chiesa e a una sinagoga. Lo ha reso noto la Direzione regionale del ministero degli Interni russo. “Secondo gli ultimi rapporti, sei agenti di polizia sono stati uccisi, 12 sono rimasti feriti. Si stanno facendo sforzi per bloccare gli attentatori”, ha aggiunto. Oltre agli agenti sarebbe morto anche un sacerdote.
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha definito il “massacro in Daghestan” un “vile attacco terroristico, come l’attacco a Sebastopoli”. “Tutto ciò che è accaduto in Crimea non è stata un’azione militare, ma un vile e atroce attacco terroristico contro il nostro popolo, commesso in una festività ortodossa, come il massacro in Daghestan, compiuto da estremisti. Per noi non c’è differenza tra il regime di Bandera (leader ultranazionalista ucraino durante la Seconda Guerra Mondiale, ndr) e i pazzi fanatici”, ha scritto su Telegram.
Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha definito gli attacchi “una vile provocazione e un tentativo di causare scontro tra religioni”. I responsabili delle stragi, ha detto a Ria Novosti “non hanno fede né nazione”, sono non-persone “che devono essere uccise sul posto”.
Il Daghestan è una regione russa a maggioranza musulmana confinante con la Cecenia, vicino anche alla Georgia e all’Azerbaigian. Per il leader regionale, Sergei Melikov, gli attacchi sono “un tentativo di destabilizzare la societaà. Nella capitale Makhachkala e nella città costiera di Derbent, le autorità hanno instaurato lo stato di emergenza e aperto un’indagine penale per “atti terroristici”.
Nelle strade delle due città si spara ancora ed è stato chiesto alla popolazione di restare in casa. Il ministero dell’Interno ha smentito le voci secondo cui in una chiesa ortodossa di Makhachkala sia in corso una crisi con ostaggi.