Negli ultimi anni, la Regione Sardegna ha esternalizzato parte dei servizi medici nei Pronto Soccorso attraverso professionisti che dipendono da una società in appalto e non direttamente dalle aziende sanitarie.
A più di un anno dall’attivazione possiamo dirlo: i cosiddetti medici in affitto sono stati un’operazione fallimentare, costosa per le casse pubbliche e dannosa per il sistema sanitario sardo nel suo complesso.
Con la progressiva privatizzazione delle attività sanitarie erogate nelle strutture dell’emergenza-urgenza si sta incentivando lo smantellamento del servizio sanitario pubblico, con risultati devastanti per la qualità della sanità regionale.
In più, i servizi resi dalla società che da ultima ha vinto l’appalto indetto da ARES, la MST Group, sono stati considerati inadeguati. La pensano in questo modo anche i Sindacati dei medici e del comparto, associazioni di pazienti, politici dell’opposizione e anche alcuni della maggioranza.
A preoccupare è soprattutto il fatto che si sia creato l’ennesimo disincentivo al lavoro per la sanità pubblica: le paghe dei medici in affitto, infatti, pur occupandosi principalmente di gestire casi più semplici in codice bianco e verde, sono di gran lunga superiori rispetto a quelle di un dipendente del sistema sanitario regionale, che svolge un lavoro più gravoso e più rischioso sotto tutto gli aspetti.
Con questa Proposta, i Progressisti intendono vietare per legge l’esternalizzazione dei servizi di Pronto Soccorso e la proroga dei contratti in essere. Per gli esponenti di opposizione si deve agire sulle cause che scoraggiano medico e infermieri ad accettare l’assunzione nelle aziende sanitarie, innanzitutto aumentando la retribuzione del personale impiegato in queste strutture e ragionando su deroghe a livello nazionale che la Sardegna deve pretendere in virtù della sua condizione di insularità e scarsa densità di popolazione.
Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti: “Non è accettabile che la Regione faccia concorrenza a sé stessa. Oggi, il principale problema che si sta verificando negli ospedali sardi e che dobbiamo affrontare è la fuga del personale sanitario dal lavoro pubblico, verso altre regioni o verso il privato. Questo riguarda in particolare medico dell’emergenza urgenza, anestesisti e chirurghi.
Il lavoro in prima linea è più rischioso, anche dal punto di vista penale, ma sempre meno retribuito. Bisogna quindi reagire con proposte serie e non palliativi dell’ultimo momento” e continua Agus: “La scelta di ricorrere a un divieto per legge, arriva perché inizialmente questa misura era di tipo emergenziale, poi però è stata utilizzata dalle aziende in maniera smodata e dannosa, allargandosi come un virus e sostituendo sempre più le ordinarie attività erogate dai lavoratori del SSN. Questo è inaccettabile: a questo punto solo un intervento del Consiglio, per vietare alla radice il ricorso a esternalizzazioni dannose e costose, può arginare il fenomeno. E chiarire, una volta per tutte, chi sia davvero per la difesa del servizio pubblico”.