Ironia e leggerezza, con interessanti spunti di riflessione sulla condizione umana e sul passato, il presente e il futuro del Belpaese con il ricco e variegato cartellone della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa | Musica e Danza organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Comunale “Akinu Congia” di Sanluri con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comune di Sanluri e con il contributo della Fondazione di Sardegna. Dieci titoli in cartellone da dicembre a maggio con i nomi di punta della scena italiana e non solo, da Gigio Alberti e Amanda Sandrelli, ad Antonella Attili e Giorgio Colangeli con Luisa Merloni, Lucia Mascino, Annagaia Marchioro, Giobbe Covatta e Ascanio Celestini, il rapper Ghemon e il danzatore e coreografo turco Ziya Azazi. Focus sulla drammaturgia contemporanea con testi originali e fantasiose riletture di classici, da William Shakespeare a Monica Dolan, da Lucia Franchi e Luca Ricci (CapoTrave) a Cesc Guy, spaziando tra la commedia e il dramma, pagine di cronaca e note di costume, ironici monologhi, concerti e coreografie d’autore.
Tra i protagonisti l’eclettico cantautore e rapper Ghemon, che (si) racconta in “Una Cosetta Così” e Annagaia Marchioro, attrice e comica, seguitissima sui social, ragione sul potere e sul significato delle parole in “#Pourparler”, mentre l’attore sassarese Daniele Monachella, in scena con Ignazio Chessa, firma testo e regia di “Era l’allodola?”, ispirato alla figura e alle opere del (sedicente) Bardo, in un esilarante dialogo con il suo psicanalista. Una riflessione sulla vita di coppia con “Vicini di casa”, provocatoria commedia di Cesc Gay, con Gigio Alberti e Amanda Sandrelli, Alessandra Acciai e Alberto Giusta, mentre si indaga su stereotipi e simboli erotici (e mercificazione del corpo) ne “Il Sen(n)o” di Monica Dolan, con Lucia Mascino per la regia di Serena Sinigaglia.
Il seme della corruzione morale e politica ne “Le volpi” di Lucia Franchi e Luca Ricci (sua la regia) con Antonella Attili, Giorgio Colangeli e Luisa Merloni e una attenta ricostruzione degli eventi in “M/T Moby Prince 3.0” di Francesco Gerardi e Marta Pettinari, con Lorenzo Satta e Alessio Zirulia per la regia di Federico Orsetti, che ricorda la più grave tragedia della marina italiana nel secondo dopoguerra. Riflettori puntati su Giobbe Covatta che con la ben nota vis comica mette l’accento sull’intelligenza e sulle capacità che dimostrano la superiorità femminile nel suo “Scoop (Donna Sapiens)” mentre Ascanio Celestini sbarca nell’Isola con il suo nuovo spettacolo, “Rumba / L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato” per un surreale affresco della società contemporanea. Infine il fascino delle danze dei monaci rotanti in “Dervish” di e con Ziya Azazi, in un ideale e immaginifico percorso tra arte e spiritualità.
Una programmazione pensata per attrarre differenti fasce di pubblico, dagli amanti della prosa agli appassionati di musica e danza, da coloro che prediligono l’ironia della commedia agli spettatori attenti alle mutazioni culturali e sociali e ai fatti di cronaca, come ai misteri italiani: spazio ai linguaggi del contemporaneo, con una particolare attenzione alle giovani generazioni, tra temi importanti e attuali, con umoristiche divagazioni accanto ai toni pungenti della satira.
IL CARTELLONE
Il sipario si apre – venerdì 15 dicembre alle 20.30 – su “Una Cosetta Così” di e con Ghemon (al secolo Giovanni Luca Picariello), protagonista sulle note di Giuseppe Seccia (tastiere) e Filippo Cattaneo Ponzoni (chitarra) di un coinvolgente spettacolo-concerto dove si alternano monologhi e brani originali, un po’ sulla falsariga del teatro-canzone ma con i toni ironici e pungenti della Stand-Up Comedy. Fin dal titolo, “Una Cosetta Così” si sottrae alle definizioni, per giocare invece sulla mescolanza di generi e stili: Ghemon (si) racconta in un confronto diretto con il pubblico, e il palco rappresenta «uno spazio di libertà creativa in divenire dove sciogliere le briglie, per dare allo spettatore qualcosa di diverso da quello che già conosce attraverso la musica e la carriera dell’artista». Un evento che si trasforma sera dopo sera, grazie all’alchimia con gli spettatori: il copione, scritto dal rapper e cantautore campano in collaborazione con Carmine Del Grosso, comprende «storie personali da guardare attraverso la lente dell’ironia, canzoni inedite, cover inaspettate e momenti di riflessione più profonda». Con una sola richiesta per il pubblico: niente spoiler. «Nell’era in cui si sa sempre tutto prima che succeda» – sottolinea Ghemon – «questo spettacolo è un luogo in cui io e il pubblico pensiamo che qualcosa possa essere ancora ‘una sorpresa’».
Ironia in scena – domenica 14 gennaio alle 20.30 – con “#Pourparler” di Giovanna Donini, Annagaia Marchioro e Gabriele Scotti (produzione Brugole&co) dove attraverso monologhi e sketches la poliedrica attrice e comica Annagaia Marchioro propone un personalissimo e divertente, a tratti sorprendente «viaggio alla scoperta delle parole, che possono essere finestre oppure muri, possono aprire dei mondi o tenerci prigionieri». Focus sull’uso consapevole o inconsapevole del linguaggio, partendo dall’idea che quel che si dice e come lo si dice possa influenzare i pensieri, la percezione del mondo e perfino cambiare la realtà. «Mi hanno sempre affascinata le parole, in modo quasi erotico» – rivela l’artista, impegnata in difesa dei diritti civili, creatrice di personaggi come Suor Forcades e Gina Francon, la “portinaia di Palazzo Chigi” –. «Ci sono parole bellissime come trasverberazione, la trafittura del cuore del putto da parte dell’Altissimo… parole controverse come sindaca o architetta e parole difficili da gestire come desiderare che deriva da sidera (astri) e significa “sentire la mancanza delle stelle”». E parole senza passato, come tiktoker o youtuber o influencer. “#Pourparler” – spiega l’artista – «gioca con le parole per raccontare storie di lotta e d’amore ma anche di odio e di ribellione»: un one-woman-show che fa (sor)ridere e pensare.
Un raffinato gioco metateatrale – giovedì 25 gennaio alle 20.30 – con “Era l’allodola? / Da un dubbio di…”, ovvero le «comichetragichesilaranti conversazioni di un uomo innamorato», uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Daniele Monachella, in scena con Ignazio Chessa, che racconta della profonda crisi – esistenziale e creativa – di tal Guglielmo Scuotelapera, “al secolo” William Shakespeare, alle prese con il celebre dilemma dei due innamorati in “Romeo e Giulietta” (produzione Mab Teatro). La pièce si dipana attraverso i dialoghi tra il (sedicente) Bardo e il suo psicanalista, un certo Dottor Trìnculo (con un nome che rimanda inevitabilmente alla “Tempesta”), in cui la tragedia di un personaggio che si identifica a torto o a ragione con il genio del grande drammaturgo inglese, trasportato nella modernità e a sua volta vittima dei turbamenti del cuore si arricchisce di citazioni e riferimenti ai capolavori del teatro elisabettiano. “Era l’allodola?” rappresenta – come sottolinea Daniele Monachella – «un irriverente gioco delle parti dove letteratura e amore descrivono la follia e, attraverso di essa si descrivono i sentimenti dell’essere umano e le sue contraddizioni, conducendo lo spettatore a ritmo serrato verso il terreno dell’assurdo, dell’illogicità, dei vizi e non ultimi i paradossi della società contemporanea».
Una riflessione sull’amore e sulla vita di coppia – lunedì 5 febbraio alle 20.30 – con “Vicini di Casa”, dalla commedia “Sentimental” di Cesc Gay, con traduzione e adattamento di Pino Tierno, che vede protagonisti Gigio Alberti e Amanda Sandrelli, Alessandra Acciai e Alberto Giusta per la regia di Antonio Zavatteri (co-produzione Nidodiragno / CMC – Cardellino srl – Teatro Stabile di Verona, in collaborazione con il Festival Teatrale di Borgio Verezzi). La pièce mette a confronto la tranquilla routine di Anna e Giulio, che stanno insieme da tempo e apprezzano la stabilità economica e affettiva, con un lavoro e una figlia, «qualche interesse e molte frustrazioni» e la vivacità erotica e sentimentale di Laura e Toni, i vicini di casa che «invitati per un aperitivo, irrompono nel loro appartamento e nella loro vita». Una conversazione superficiale e mondana tra estranei si fa via via più intima e personale, per addentrarsi nel territorio delicato e pericoloso della sessualità: di fronte alla disinvoltura e alla spregiudicatezza degli ospiti, Anna e Giulio finiscono per «confessare fantasie, vizi e segreti che non avevano mai avuto il coraggio di condividere». Versione italiana de “Los vecinos de arriba” di Cesc Gay, la provocatoria, piccante e “scandalosa” commedia «indaga con divertita leggerezza inibizioni e ipocrisie del nostro tempo».
Focus su eros e psiche – lunedì 19 febbraio alle 20.30 – con “Il Sen(n)o” (“The B*easts”) di Monica Dolan, una delle artiste più interessanti della scena britannica contemporanea, nell’interpretazione di Lucia Mascino, con adattamento e regia di Serena Sinigaglia (produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano). Una pièce originale e conturbante, tradotta in italiano da Monica Capuani, dove l’attrice marchigiana (Gabriella Santi in “Suburra”, Premio Flaiano 2023 per “Ghiaccio”) presta volto e voce a Tessa, una psicanalista, chiamata a fare una relazione in tribunale per un caso complesso dove si intrecciano questioni etiche ed estetiche, da cui scaturisce una più vasta riflessione su un tema attuale e scottante che riguarda cultura e società. Il monologo si interroga sugli effetti collaterali di una precoce esposizione all’enfasi sulla sessualità, implicita ed esplicita, per esempio nella pubblicità e alla diffusione della pornografia nell’era di internet nella definizione dell’identità individuale e nel rapporto con il proprio corpo e con l’immagine di sé. «Molte di queste cose, questi impulsi, sono cose salutari, ma vengono semplicemente distorti» – dice Tessa –. «O forse è il mondo che viene distorto… ma il mio lavoro è far sì che le persone si adattino al mondo, distorto o meno, in modo che si sentano felici. O non tristi. O… funzionanti».
Un affresco dell’Italia contemporanea – domenica 10 marzo alle 20.30 – con “Le volpi”, uno spettacolo di Lucia Franchi e Luca Ricci (CapoTrave) con un cast stellare: Antonella Attili, attrice di teatro e cinema (dai films di Tornatore, Avati, Scola e Francesca Archibugi ad Agnese Amato ne “Il paradiso delle signore”) e Giorgio Colangeli, volto noto del grande e del piccolo schermo (Nastro d’Argento per “La cena” di Scola e David di Donatello per “L’aria salata”) con Luisa Merloni, cofondatrice di Psicopompo Teatro (due Premi Ubu per i migliori testi stranieri) per la regia di Luca Ricci (produzione Infinito). Una commedia dolceamara sulla corruzione della politica, in cui l’incontro di due notabili e della figlia di una di loro si traduce nella elaborazione di strategie, utili a favorire interessi privati: «si confessano legittimi appetiti e interessi naturali, si stringono e si sciolgono accordi, si regola la maniera migliore di distribuire favori e concessioni, incarichi di servizio e supposti vantaggi». Una vicenda emblematica, in cui emergono vizi e debolezze individuali insieme alla sintesi spietata di atteggiamenti e comportamenti della classe dominante: nelle cittadine di provincia, non diversamente dalle grandi metropoli, i principi etici e morali lasciano il posto a privilegi, scelte arbitrarie e abusi di potere in contrasto con il bene comune.
Il fascino delle danze dei monaci rotanti – lunedì 25 marzo alle 20.30 – con “Dervish”, una creazione del danzatore e coreografo turco Ziya Azazi che trae ispirazione del misticismo sufi per trasfigurare sulla scena un percorso di ricerca artistica e spirituale (produzione Za&Office). Riflettori puntati sull’artista originario di Antiochia, con all’attivo un’intensa carriera, dal Teatro di Stato di Istanbul al Vienna Volksoper e al Theaterhaus Stuttgart, fino al Grand Théatre di Ginevra, con collaborazioni con Jan Fabre, Cem Ertekin, Aydin Teker, Philippe Arlaud, Anne-Marie Gros, Ismael Ivo, Marcia Haydée e Yoshi Oida. “Dervish” comprende due vertiginosi assoli, “Azab” con musiche di Uwe Felchle e “Dervish in Progress” su musiche di Mercan Dede, in cui Ziya Azazi rappresenta rispettivamente l’attraversamento delle prime tre porte, la Legge, il Cammino e la Consapevolezza, fondamentali per la conoscenza di sé e la condizione della mente giunta alla quarta porta, il Discernimento. “Dervish” si ispira al Sufismo, una «filosofia esistenziale che esplora la ragione della creazione dell’uomo e dell’universo in cui vive» e traduce in una rigorosa partitura gestuale incentrata sul rito ipnotico della rotazione, una antica forma di meditazione, la narrazione visionaria del cammino personale dell’artista verso l’illuminazione.
Una moderna tragedia per un “giallo” internazionale – domenica 14 aprile alle 20.30 (in replica in matinée lunedì 15 aprile per le scuole) – con “M/T Moby Prince 3.0” di Francesco Gerardi e Marta Pettinari, con Lorenzo Satta e Alessio Zirulia, per la regia di Federico Orsetti (produzione Grufo e Grufo e La Nave Europa con TNG Teatro Nazionale di Genova e con Associazione “140”/familiari vittime Moby Prince e Associazione 10 Aprile/Familiari Vittime Moby Prince Onlus). La cronaca del più grave disastro della marina mercantile italiana nel secondo dopoguerra, con la morte di centoquaranta persone dopo la misteriosa collisione tra il traghetto della Nav.Ar.Ma. e la petroliera Agip Abruzzo davanti al porto di Livorno. La pièce ripercorre la sequenza degli avvenimenti, dallo scontro tra due navi, all’incendio a bordo, il ritardo nei soccorsi e la terribile fine dei passeggeri, dell’equipaggio e degli ufficiali, compreso il comandante Ugo Chessa, con un unico superstite, il mozzo Alessio Bertrand, mettendo a confronto i primi rapporti sull’incidente e i risultati delle commissioni d’inchiesta. Il “caso” è ancora irrisolto ma dalle indagini sono emersi indizi inquietanti su quanto sia davvero accaduto in quella terribile notte del 10 aprile 1991: “M/T Moby Prince 3.0” restituisce la parola alle vittime in una narrazione corale, un emozionante esempio di teatro civile.
Un’inedita tesi sulla superiorità femminile – domenica 21 aprile alle 20.30 – con “Scoop (Donna Sapiens)”, il nuovo spettacolo di Giobbe Covatta e Paola Catella che capolvolge gli stereotipi per mettere l’accento sull’intelligenza e sulle molteplici capacità e i talenti muliebri: un travolgente e irriverente one-man-show dove l’attore e comico Giobbe Covatta spiega quanto sia infondata (e ingiusta) l’idea di una supremazia maschile. Un viaggio tra storia, medicina e sociologia, con testimoni illustri, a partire da Dio stesso, che svela «gli esilaranti retroscena della creazione», fino a «un improbabile uomo del futuro, che ci mette in guardia sui rischi di un mondo assoggettato all’arroganza maschile». Tra i personaggi di “Scoop (Donna Sapiens)”, anche Nello, il «povero membro maschile che chiede aiuto per le sue pessime condizioni di vita, schiavo dei ridicoli appetiti sessuali del suo padrone». In chiave umoristica, Giobbe Covatta affronta pregiudizi e luoghi comuni, sovvertendo le regole della civiltà patriarcale per sottolineare quanto nei secoli le donne siano riuscite ad affermarsi nelle scienze e nelle arti, come in seno alla società, senza peraltro infierire sulle mancanze del genere maschile. In “Scoop (Donna Sapiens)” l’artista dimostra nel suo stile comico e surreale il proprio amore e rispetto per le donne, a cui dedica un poetico omaggio.
Viaggio nelle periferie, tra le vite ai margini – giovedì 9 maggio alle 20.30 – con “Rumba / L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato” di e con Ascanio Celestini, con musica di Gianluca Casadei e la voce di Agata Celestini (produzione Fabbrica srl – Fondazione Musica Per Roma – Comitato Greccio 2023 – Teatro Carcano di Milano). Una pièce ispirata alla figura del Santo di Assisi, che «legge tanti libri della letteratura cavalleresca» e «diventa cavaliere o vorrebbe diventarlo, va in guerra, ma finisce in galera»: un giovane sognatore che prova a «ricostruire la Chiesa di Dio in terra», si spoglia dei propri beni e predica la povertà. “Rumba” si ispira alla più antica rappresentazione della Natività, per ripensare un moderno presepe in cui invece di artigiani e pastori, e sapienti Re Magi si riuniscano intorno alla culla creature fragili e anime ferite. Un paesaggio urbano popolato da clochards «che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato» e da facchini africani, accanto a Giobbe, magazziniere analfabeta e alla Signora delle Slot, una prostituta che s’è ricomprata la propria libertà: sono i moderni testimoni di un miracolo che si rinnova, destinatari di un messaggio di speranza e di pace, come «lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar».