Sassari, domenica Chiasma e Orbita Spellbound danzano l’inclusione a “Primavera a Teatro”

La dodicesima edizione di “Primavera a Teatro” si prepara all’appuntamento finale dell’11 giugno,
quando la storica rassegna di danza diretta da Livia Lepri, alle 20 porterà in scena nella Sala Estemporada
di via Venezia a Sassari, lo spettacolo “Trespass_Tales of the Unexpected”, una produzione congiunta delle
compagnie di fama internazionale Chiasma e Orbita Spellbound.

Sarà un’ultima emozionante serata dedicata specificamente all’aspetto dell’inclusione. L’obiettivo è
quello di creare un racconto che sia al contempo accessibile a un pubblico non vedente e ipovedente,
dove sono sovvertiti i piani di realtà, fantasia, potere e accesso tanto per lo spettatore vedente quanto per
quello non vedente.

Trespass_Tales of the Unexpected prende in prestito la struttura di “Trespass, Processing an emerging
choreography” per generare una moltiplicazione percettiva nell’ottica dell’accessibilità come integrazione e
amplificazione della ricezione. «Da un punto di vista tecnico – spiegano gli organizzatori – il lavoro amplifica
le sensorialità percettive anche grazie a una spazializzazione sonora che restituisce un ambiente amniotico
in cui voci, rumori, gestualità e musiche si fondono».
In questa versione l’opera può essere sia vista che semplicemente ascoltata. Il concept e i suoni originali
sono di Marta Olivieri mentre le coreografie di Loredana Canditone e Vera Borghini. La scelta di
moltiplicare e di sovrapporre due voci che narrano di un solo corpo restituisce una complessità ben studiata
per emergere in modo significativo all’interno della composizione. Il punto di vista non è univoco. La
propagazione dell’accesso permette al lavoro di manifestarsi in forme plurime e comunicanti. Le movenze e
il racconto sono entrambi creati nella loro estemporaneità.

«Il fine dell’opera – confermano gli ideatori – è quello di portare una descrizione del reale e al tempo stesso
una sua alterazione, con l’intento di generare una visione esistente solo per quella coreografia e solo per
quel racconto. E quindi condurre chi osserva e chi ascolta a chiedersi cosa sia in realtà la narrazione se non
una scusa per immaginare un altrove».

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