Napoli è sempre Napoli, come Cagliari è sempre Cagliari, e io a intermediare tra due terre complesse, dai caratteri fortemente identitari e specificità culturali. Passo naturalmente a omaggiare la cultura nuragica e i giganti in pietra che, parlano di un tempo non scritto e divinità rappresentate senza storia, fuori dal tempo e nel contempo.
Nella Pinacoteca Comunale, dialogo con Pietro Cavaro, il massimo esponente della scuola di Stampace, fratello di Lorenzo e nipote di Gioacchino, forse nipote di Antonio Cavaro (il cosiddetto Maestro di Olzai) e figlio di Lorenzo Cavaro. Formatosi a Barcellona nei primi del 1500, risulta iscritto nel gremio dei pittori per la realizzazione di un retablo per la cattedrale. Dal 1515 è a Cagliari, dopo soggiorno napoletano, dove si sposò con Isabella Godiel da cui ebbe il primogenito Michele, anch’egli pittore sospeso tra terre. Tornato a Cagliari, nel 1515 prende in seconde nozze Antonia Orrù, di Villanova. Napoli era all’epoca, la città più grande della Corona Aragonese, quanto è tutto simile e immobile nel tempo, non vi pare? Pietro Cavaro, si godette a Cagliari, la gloria del pittore passato per Napoli, ma la sua Bottega restò tale senza mai determinare Alta Formazione Artistica e Rinascimento.
La scuola di Stampace, mi fa pensare alla fondazione Sardegna, dove trovo un meraviglioso Aligi Sassu, con un pastello su carta intelata del 1966, “La vicenda dei carmelitani”, e tanti artisti Sardi che a Napoli nessuno conosce e studia che, anche a Cagliari sono poco studiati, nel nome dell’assenza nel 2024 di pubblica Alta Formazione Artistica, come Gavino Tilocca, Giovanni Campus (che a Napoli, presso l’Accademia è stato Maestro di Scultura), Aldo Contini, Giovanni Carta, Costantino Nivola e Maria Lai. Quello che m’interessa è l’intervento d’Alessandro Biggio, classe 1974, artista della mia generazione, con le sue schiume in poliuretano espanso presentate da Lorenzo Giusti, ex curatore del Man di Nuoro, il poliuretano è un materiale poco nobile, ma veloce, l’ho utilizzato anche nei primi anni d’insegnamento isolano a Iglesias, come quando durante il Covid al Foiso Fois, in tempi brevissimi, dovevo fare capire agli studenti cosa fosse un calco, può determinare effetti interessanti come negativo o positivo di un elaborato tridimensionale, è un materiale che a suo tempo ha utilizzato anche Piero Manzoni, che nell’isola ho visto lavorare in chiave pittorica e plastica, a un artista di Senorbì di nome Francesco Dau, che tentava di gestirlo con la spatola.
Alessandro Biggio fa muovere il poliuretano in maniera naturale, facendolo fluttuare nell’acqua che lo modella, rimandando all’organico mondo naturale che si cristallizza, tutto bello ciò che rimanda ai sistemi naturali, ma quanto sarebbe bello se naturalmente Cagliari avesse una sua pubblica Alta Formazione Artistica, come polo pubblico, didattico e dialettico, a bilanciare il lavoro della Fondazione Sardegna come unico sistema entropico? Dobbiamo pensare sempre all’arte come qualcosa da proteggere e tutelare come investimento di mercato, o ragionare su quanto sia linguaggio condiviso in termini evolutivi e coscienziosi di specie? Intanto, aspettando notizie su un’Accademia a Cagliari, germinata da Sassari, mi faccio un bagno al Poetto, in questo’ isola dove l’arte non pare questione per turista, e dove il mio profilo artistico ha sempre pagato dazio, nel nome dell’essere un pubblico docente, perché in realtà come Cagliari, i due profili paiono incompatibili, non sarà che in questa discriminate, ciò che pesa è proprio l’assenza dell’Alta Formazione Artistica? Perché non ci ha pensato Pietro Cavaro a suo tempo?
di Mimmo Di Caterino