Sciopero commercio e turismo, migliaia in piazza a Cagliari

“Lo stipendio ce lo dovrebbero dare entro il mese o con una tolleranza di sei giorni.

E invece ce lo danno con un ritardo di quindici giorni.

E non parliamo degli orari rimodulati e dei dispositivi personali di sicurezza”. È la testimonianza di una lavoratrice delle mense nello sciopero che questa mattina ha portato in piazza Garibaldi circa 400 dipendenti che ogni giorno lavorano in bar, negozi e supermercati, accolgono turisti, garantiscono pranzi, cene e ricevimenti o operano nel settore del commercio. Una protesta tra bandiere di Cgil, Cisl e Uil e fischietti.

“In Sardegna sono duecentomila – osserva Nella Milazzo, segretaria regionale Filcams Cgil – e chiedono rispetto”.

Adesioni alla protesta massicce. E quando dal palco parte l’annuncio che nei negozi della zona di Carbonia e del Medio Campidano si è arrivati al 90%, la piazza esplode in un boato.

“Non ci fermeremo”, gridano. E per il 5 gennaio viene annunciato un sit-in davanti alla prefettura di Cagliari.

In ballo contratti scaduti anche da quattro anni in un settore che occupa molti giovani e molte donne, spesso part time o stagionali. “Flessibili all’eccesso – denunciano i sindacati – alla mercé di orari e turni più che faticosi e salari bassi”. Sono dodici i contratti da rinnovare nei tre settori coinvolti dallo sciopero: commercio, turismo e ristorazione, per lo più scaduti dal 2018. “Non vogliono applicare – avvertono i sindacati – un indice a cui si fa riferimento quando si parla di rinnovi”. Quell’indice – spiegano le tre sigle – è l’ipca e porterebbe a un giusto aumento di 300 euro.

“Siamo al paradosso – denunciano i segretari regionali Nella Milazzo (Filcams Cgil), Giuseppe Atzori (Fisascat Cisl) e Cristiano Ardau (UilTucs Uil) – non solo non vogliono riconoscere gli aumenti retributivi per contrastare l’inflazione come previsto dagli accordi interconfederali ma pretendono anche di manomettere diritti come gli scatti di anzianità, i permessi retribuiti, e chiedono sempre più flessibilità in settori in cui è già elevatissima al punto che rende quasi impossibile conciliare i tempi di vita e lavoro”.

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