Sono oltre diecimila e con il loro lavoro tengono in marcia aree industriali e aziende piccole e grandi della Sardegna.
Oggi in tanti hanno risposto alla chiamata dello sciopero nazionale proclamato da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil dopo la giornata del 7 che ha fermato per quattro ore le fabbriche del nord Italia.
Una delegazione di lavoratori della Sardegna sud occidentale e del Sulcis Iglesiente ha protestato davanti all’assessorato regionale dell’Industria, ed è stata poi anche ricevuta all’interno del palazzo di via XXIX novembre a Cagliari.
“La mobilitazione – sottolinea il segretario regionale Fiom Cgil, Roberto Forresu – ha proprio il senso di rilanciare il settore, cogliendo la sfida della transizione ecologica e digitale per costruire nuova e solida occupazione, nuovi posti di lavoro e nuove attività produttive”.
Le richieste: “un futuro con meno precarietà e incertezze di quelle che minano la serenità di tanti lavoratori e famiglie oggi, da Nord a Sud dell’Isola, da Porto Torres al Sulcis Iglesiente fino a Sarroch”. Stamattina hanno incrociato le braccia i metalmeccanici della Saipem in Ogliastra, quelli della Bekaert a Macchiareddu, il centro ricerche del CRS4 a Pula, della Sider Alloys di Portovesme, delle tante piccole e medie imprese sparse per l’isola e degli appalti. “Chiediamo un cambio di rotta rispetto all’assenza di politica industriale che sta portando il sistema produttivo e occupazionale della Sardegna al collasso”, spiega Forresu.
Fim e Uilm chiedono “un confronto negoziale per l’incremento degli investimenti pubblici e privati nei settori strategici e la reindustrializzazione delle aree di crisi; l’utilizzo delle risorse del Pnrr per lo sviluppo del settore metalmeccanico; la riforma degli ammortizzatori sociali con strumenti adeguati a gestire la transizione ecologica e digitale; l’apertura di tavoli di confronto sui settori e sulle filiere in difficoltà per definire i piani di sviluppo; un piano di formazione sulle nuove competenze, il superamento del massimo ribasso negli appalti e la stabilizzazione del lavoro precario, il recupero del potere d’acquisto dei salari”.