E’ scontro tra i sindacati e l’ufficio scolastico regionale sul sostegno e permessi studio.
“L’Ufficio scolastico regionale depotenzia il diritto allo studio del personale delle scuole e sceglie di non riconoscere le specificità e i bisogni della scuola sarda, nascondendole sotto un tappeto di burocrazia e piccoli risparmi”.
È l’accusa dei sindacati Flc Cgil, Fsur Cisl, Snals Confsal, Gilda Unams, Anief, cinque sigle di categoria unite nella protesta: “L’Usr – accusano i sindacati – si è rifiutata di accogliere le richieste avanzate al tavolo delle trattative”.
“Non è assolutamente vero”, ribatte il direttore scolastico regionale Francesco Feliziani, che spiega che le richieste non erano supportate dalla normativa vigente.
Prima di tutto, la questione dei corsi di formazione per il sostegno: “Solo un quarto delle tremila cattedre di sostegno è coperto da docenti con titolo – accusano i sindacati – ma l’Usr non ha voluto concedere una priorità nella fruizione del diritto allo studio per chi frequenta i corsi universitari. Quest’anno, ad esempio, in tanti sono rimasti senza permessi e si sono dovuti dimettere o mettersi in aspettativa pur di frequentare per ottenere il titolo”. Altro punto critico è – accusano le sigle – “la mancata concessione di qualche ora di permesso per consentire al personale della scuola di preparare e sostenere esami universitari o la stessa tesi”. E ancora, dicono i sindacati, “dal momento che chi vince un concorso, prima di essere assunto in ruolo, deve affrontare un percorso abilitante, i sindacati hanno chiesto all’Ufficio scolastico che riconosca e supporti questa esigenza”.
Diversa la visione di Feliziani: “Per quanto riguarda il sostegno, non appena sono stati attivati i corsi in autunno, l’Usr, attraverso i propri uffici provinciali ha immediatamente riaperto i termini per poter distribuire le ore che erano residuate per l’anno in corso a chi doveva frequentare tali corsi. Quindi la polemica sulle persone che sarebbero rimaste senza la possibilità di poter fruire dei permessi deriva dal fatto che il numero di ore a disposizione di ogni Usr ogni anno è una percentuale calcolata rispetto al personale in servizio e non è una quota fissata dall’Ufficio scolastico. E grazie alla riapertura dei termini di cui parlavo prima, le ore del 2024 sono state utilizzate al 100%. Le sigle sindacali chiedevano una graduazione, nella possibilità di fruizione delle ore, che avrebbe favorito, a parità di tipologia di corsi, discriminando tra soggetti erogatori (università e università telematiche).
Abbiamo spiegato che una differenziazione del genere sarebbe stata discriminatoria rispetto alla normativa vigente”.
“Altra richiesta che non si è potuto accettare è stata quella di concedere una percentuale delle ore concesse, non per la frequenza di lezioni in presenza o in modalità sincrona, ma anche per studio o preparazione esami – spiega ancora il dirigente – Abbiamo ribadito che le ore per il diritto allo studio servono per consentire ai lavoratori di potersi assentare dal lavoro per poter frequentare lezioni o corsi che, altrimenti, per concomitanza di orario, non si potrebbero frequentare. Indirizzo peraltro ribadito da indicazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica e dell’Aran. Dispiace che un confronto rispettoso e svolto nel rispetto della normativa vigente, che per l’inconciliabilità delle richieste sindacali con il quadro normativo vigente venga utilizzato strumentalmente per attaccare l’Usr, reo semplicemente di non aver aderito a richieste che non potevano essere esaudite”, conclude.