Si avvicina la fine dell’anno scolastico e con essa la moda del regalo agli insegnanti. Moda che sopravvive principalmente in Sardegna, dove abbiamo questa necessità irragionevole di fare dei regali agli insegnanti. Pensiero comune è che l’insegnante vada ringraziato attraverso un dono di fine anno per il lavoro svolto.
Eppure… prende uno stipendio per quello che fa. Insomma, ha scelto di fare l’insegnante, di lavorare in mezzo a ragazzini più o meno grandi… questo è il suo lavoro! Ma niente, i genitori hanno bisogno di fare un regalo. E parte la corsa al regalo più originale, più costoso, diverso dai precedenti.
Regali che verosimilmente verranno accantonati da una parte o riciclati, perché a nessuno interessa cosa gradirebbe ricevere l’insegnante, sono regali che servono a chi li fa e non a chi li riceve. Magari, la butto lì, gli insegnanti avrebbero gradito durante tutto l’anno scolastico maggiore rispetto, perché ormai l’insegnante è trattato come un dipendente del genitore che deve guardarsi bene dal mettere note, elargire rimproveri o voti bassi.
Deve giustificare tutto quello che fa. Famiglie che entrano nel merito dei metodi di insegnamento utilizzati dagli insegnanti e pretendono di dare direttive e indicazioni. Se la famiglia fosse un po’ più complice forse lo gradirebbe di più rispetto al modaiolo regalo di fine anno. In ultima battuta: vorrei fare un cenno al Dpr n. 62 del 2013, Codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
All’articolo 4 si dice che il dipendente pubblico non può accettare regali e l’insegnante è un dipendente pubblico.
Cito letteralmente: “In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.”