La Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria, in un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e del pm Paolo Storari, per l’azienda dell’alta moda Alviero Martini spa, specializzata in borse ed accessori, “ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”.
Sarebbero stati massimizzati i profitti usando “opifici cinesi” e “facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina”.
Il commissariamento è stato disposto dalla Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, a carico dell’azienda fondata nel ’91 e con sede a Milano, che produce in particolare borse e accessori famosi per le mappe geografiche disegnate.
Stando agli accertamenti, l’impresa non avrebbe “mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative” e “le capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato”. E’ stato accertato che “la casa di moda” avrebbe affidato “mediante contratto di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione, l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”. E le aziende appaltatrici, però, avrebbero “solo nominalmente” una “adeguata capacità produttiva e possono competere sul mercato solo esternalizzando le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere a loro volta i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento”.
L’indagine della Procura di Milano che ha portato a disporre l’amministrazione giudiziaria per l’azienda dell’alta moda Alviero Martini spa, ha appurato “una connessione tra il cosiddetto mondo del lusso da una parte e quello di laboratori cinesi dall’altra, con un unico obiettivo: abbattimento dei costi e massimizzazione dei profitti attraverso l’elusione di norme penali giuslavoristiche”. Lo si legge nel provvedimento della sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Milano che ha disposto il commissariamento su richiesta del pm Paolo Storari.
La Alviero Martini, azienda di alta moda, per produrre, come ultimo anello della catena, si sarebbe avvalsa, stando alle indagini che hanno portato all’amministrazione giudiziaria della spa, di opifici cinesi. Un sistema, spiegano gli investigatori, che “consente di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo, con il classico sistema ‘a strozzo’ l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti”, ossia borse ed accessori, “ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza ‘in nero’ e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie”.
Nelle indagini dei carabinieri “a partire da settembre del 2023” sono stati effettuati “accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda procedendo al controllo dei soggetti affidatari degli appalti nonché dei sub affidatari non autorizzati costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia”. In particolare, sono stati controllati otto opifici “tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 197 lavoratori di cui 37 occupati in nero e clandestini”. Negli stabilimenti di “produzione effettiva e non autorizzata” è stato riscontrato che la lavorazione avveniva “in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.