“Se il governo, per mano di un suo ministro ha promosso una indagine sul conflitto di interessi all’interno del governo, è giusto che io chieda all’Antitrust che si estenda l’indagine a tutte le istituzioni, con gli stessi criteri.
Non per ritorsione, ma per rispetto delle istituzioni alle cui decisioni io mi sono rimesso.
E che tu ti faccia garante della integrità del governo quanto a possibili incompatibilità, se a me non è consentito parlare e promuovere in ogni modo l’arte e le mie idee”. Lo scrive il sottosegretario dimissionario Vittorio Sgarbi in una lettera alla premier Giorgia Meloni, riportata dal Corriere della Sera.
“Non sono d’accordo con la delibera del Agcm, farò ricorso al Tar – scrive Sgarbi -. Ma la delibera è chiara: non posso fare la vita che ho fatto per cinquant’anni, non posso essere me stesso e essere sottosegretario. L’Antitrust non ha detto ‘Non va bene questo o quell’attività della vita di Sgarbi’, ma la sua ‘intera attività di scrittore, narratore curatore e storico d’arte’ (e con ciò anche promuovere e vendere i propri libri, come anche tu hai fatto): cioè è la mia vita. Si tratta, come si capisce subito leggendone la forzata motivazione, di una decisione tanto ‘politicamente corretta’, quanto giuridicamente scorretta. Nessun vero giurista comprende infatti per quale ragione tenere una conferenza su Caravaggio, partecipare o presiedere una tavola rotonda su Tintoretto, presentare un libro su Michelangelo, possa costituire una violazione dei limiti di legge, generando una incompatibilità con la funzione ministeriale, al punto da distorcerne il senso”.
“In ogni caso – conclude -, sento il bisogno di ringraziarti per il comportamento da te tenuto nei miei confronti, sempre rispettoso, lineare e mai cedevole verso i molti e agguerriti oppositori che hanno imbastito una vera persecuzione giornalistica e televisiva (con la tv di Stato!) sperando, con me, di mettere in soggezione te e il governo da te presieduto”.