In Italia la frequenza di un servizio educativo per la prima infanzia risulta inferiore alla media europea: nel 2021 i bambini che frequentano una struttura educativa risultano pari al 33,4% dei residenti di 0-2 anni (contro il 37,9% della media Ue).
La Francia e la Spagna sono ben al di sopra del 50% e altri paesi, come l’Olanda e la Danimarca, si attestano al 74,2% e al 69,1% rispettivamente. Lo rileva l’Istat nel Report pubblicato oggi.
La percentuale italiana comprende peraltro una quota (quasi il 5% dei bambini di 0-2 anni) di bambini iscritti alla scuola di infanzia come anticipatari, quindi inseriti in strutture per bambini da 3 a 5 anni senza gli adattamenti previsti ad esempio nelle sezioni primavera. Pertanto, sono meno del 30% i bambini al di sotto dei 3 anni che trovano collocazione nei servizi educativi specifici per la prima infanzia.
A livello regionale l’Umbria è la regione con il più alto livello di copertura (43,7%), seguita da Emilia Romagna (41,6%), Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento (41,1%). La Toscana, il Friuli-Venezia Giulia e il Lazio si attestano sopra la soglia del 33% (38,4%, 36,8% e 36,1%). Di contro, fra le regioni del Sud, restano ancora al di sotto del 15% Campania, Sicilia e Calabria (11,7%, 13% e 14,6% rispettivamente), mentre la Sardegna con il 32,5% fa registrare il livello più alto.
I capoluoghi di provincia hanno una copertura media del 35,3%, mentre i Comuni non capoluogo, nel loro insieme, hanno una copertura di posti inferiore di ben dieci punti percentuali (24,9%).
Nell’anno educativo 2021/2022, sebbene risulti evidente ancora l’impatto della pandemia sulla frequenza del nido, sono numerose le richieste di iscrizione non accolte per carenza di posti: il 63% dei nidi pubblici e il 40,7% dei privati non hanno accolto ad inizio anno tutte le domande pervenute.
Soprattutto nel Mezzogiorno è stata più avvertita la pressione sui servizi da parte delle famiglie e le barriere all’accesso hanno lasciato bambini in lista d’attesa in oltre due terzi delle unità di offerta pubbliche e in quasi la metà di quelle private. Lo certifica l’Istat.
Dunque è del 49,1% la quota di nidi pubblici e privati con bimbi in lista d’attesa.