Stella Assange, avvocato e moglie di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks a Bologna dalla platea di Biografilm con Laura Morante e Stefania Maurizi ha parlato della battaglia per la liberazione del marito Julian Assange in occasione della presentazione del documentario Ithaka – A Fight to Free Julian Assange di Ben Lawrence, evento speciale al festival.
Un lavoro girato nell’arco di due anni tra Regno Unito, Europa e Stati Uniti sulla campagna portata avanti da John Shipton, 76 anni, padre di Assange in difesa del figlio.
“Una campagna portata avanti in modo continuativo – dice Stella Assange – a margine di una settimana difficile perché abbiamo atteso 10 mesi per avere un riscontro dall’Alta Corte britannica che ha respinto l’appello di Julian Assange. La risposta negativa è stata una doccia fredda. Ci aspettavamo che Julian potesse presentare le sue argomentazioni dinanzi all’Alta Corte ma non è accaduto. Ora ci resta l’ultimo appello e Julian è a un passo dall’estradizione negli Stati Uniti con tutto quello che può comportare per la sua vita. Il caso di Julian finirà quando riusciremo a liberarlo. Ho visto mio marito pochi giorni fa ma ai nostri figli non è stato permesso. In questi giorni la sentenza e il dolore personale sono stati fortissimi – ha riferito Stella Assange – inoltre la morte di Daniel Ellsberg, grande amico di Julian avvenuta il 16 giugno a 92 anni è stato per lui un colpo durissimo”.
L’avvocatessa ha raccontato il regime di segregazione del marito: “è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza dove non può avere contatti con il mondo, può uscire solo per prendere aria, non ha potuto leggere i documenti degli avvocato. Il telefono è l’unico mezzo, centellinato, che lui ha per comunicare con l’esterno. Questo si aggiunge al fatto che le persone a lui care invecchiano e muoiono, come Ellsberg, accusato di spionaggio nel 1973, pubblicatore dei Pentagon Papers, poi scagionato da tutte le accuse. Julian è solo e porta un peso enorme. Ora siamo alle battute finali e parte svantaggiato. Potrebbe essere estradato ma speriamo di no.
Speriamo che la corte europea dei diritti umani si dica a suo favore. Questo è un caso estremante politico”, ha ribadito la donna.