«Un risultato importante – commenta il deputato Dario Giagoni -. L’Isola esce da un lunghissimo devastante impatto economico e sociale legato a questo settore». L’eradicamento della peste suina africana corona uno sforzo collettivo: «che mi ha visto impegnato politicamente – spiega -, da consigliere regionale dal 2019 al 2022. Con l’ex assessore alla Sanità, Nieddu (della passata giunta Solinas), abbiamo ascoltato le ragioni dei pastori, come quelli riuniti nel comitato suinicoltori del Gennargentu.
E non certo per riscuotere consensi politici, come ha più volte affermato nei miei confronti l’ex assessore regionale Arru, che cavalcava la linea della giunta Pigliaru e quindi l’attivazione di una task force che prevedeva anche l’abbattimento dei suini, nonostante il fatto che dai prelievi risultava che una gran parte dei capi erano negativi alla PSA. Forse sarebbe stato meglio mettere in quarantena i capi positivi, ma ciò non è stato fatto». Sottolinea Giagoni: «Ora, lasciano l’amaro in bocca i continui botta e risposta di quei politici che si puntano la medaglia al petto per accaparrarsi meriti che non hanno su questo risultato storico. Al di là della querelle politica di quanti si sono avvicendati nell’amministrare la nostra Regione, i veri vincitori sono gli allevatori. Le istituzioni – che oggi rappresento da deputato -, sono e lo sono sempre state, al servizio dei cittadini e delle aziende. Infatti, ringrazio il dottor Filippini dell’Istituto zooprofilattico della Sardegna e poi il dottor Montixi (durante il mandato Solinas), per aver portato avanti la battaglia e audito sindaci e allevatori. All’epoca, gran parte della Regione era indenne dall’esportazione e vendita delle carni suine in Europa, ora lo è tutta l’isola». «Ora – conclude Giagoni -, si guarda al presente e al futuro.
Ovviamente occorre vigilare per tutelare il mercato di tutti i capi e quindi evitare che sull’isola vengano importati animali vivi da paesi con norme di profilassi diverse dalle nostre. Ma di sicuro, per essere competitivi con altri paesi e ampliare la fetta di mercato e quindi favorire ulteriori posti di lavoro, occorre puntare a un marchio DOP, IGP, ecc. Sono a disposizione per qualsiasi confronto finalizzato al raggiungimento di nuovi obiettivi di valorizzazione del settore. E – a differenza di alcuni politici che in passato hanno voltato la testa dall’altra parte -, anche con quegli allevatori (di determinate aree) ‘non in regola’, che per una serie di difficoltà hanno avuto e hanno problemi economici e di organizzazione lavorativa, affinché possano regolarizzare le loro posizioni».