Passano le ore e il mare non restituisce altri corpi dopo i primi 78 riportati mestamente sul molo di Kalamata mercoledì.
Ma il naufragio a Pylos, nel sud del Peloponneso, è ormai destinato ad entrare nella storia come una delle peggiori tragedie di migranti nel Mediterraneo con un bilancio che rischia di registrare “fino a 600 morti”, molti dei quali non saranno mai ritrovati.
E a diventare una vera e propria strage di bambini. Ce n’erano “almeno 100 chiusi nella stiva”, raccontano i superstiti ai medici e ai volontari che li assistono.
Il peschereccio Adriana naufragato, secondo i soccorritori è partito vuoto dall’Egitto, si è fermato nel porto libico di Tobruk per caricare i migranti e poi ha proseguito la sua rotta verso l’Italia.
Cento vite innocenti rimaste intrappolate nella pancia del peschereccio sprofondato negli abissi dell’Egeo. Mentre le autorità greche – travolte dalle polemiche sulla mancata risposta agli Sos lanciati dal peschereccio Adriana, una barca fatiscente, un cimitero galleggiante – non si sbilanciano, sono i soccorritori a dare le prime stime della tragedia. “E’ possibile ci siano fino a 600 morti”, spiega Manolis Makaris, il medico responsabile dell’ospedale di Kalamata che ha raccolto i primi racconti dei sopravvissuti, tenuti lontani da telecamere e giornalisti. “Tutti mi hanno confermato che a bordo c’erano 750 persone, tutti hanno fatto questo numero”, prosegue ricordando che finora 78 sono stati i corpi recuperati e solo 104 le persone tratte in salvo, tutti uomini tra i 16 e i 40 anni – eccetto una donna – provenienti da Egitto, Pakistan e Siria.