La Fondazione Mont’e Prama e la Fondazione Nivola presentano la prima mostra dedicata al rapporto tra l’arte di Costantino Nivola e la preistoria della Sardegna. Attraverso un percorso affascinante che mette a confronto capolavori della scultura e dell’architettura eneolitica e nuragica e fondamentali opere di Nivola, la mostra ricostruisce per la prima volta il rapporto tra Nivola e la Preistoria, presentando le sculture dell’artista accanto alle fonti che lo hanno ispirato, grazie a una serie di importanti prestiti provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali.
Dichiara Anthony Muroni, presidente della Fondazione Mont’e Prama: “Questo progetto apre una strada nuova per ciò che attiene ai rapporti di collaborazione e sinergia fra istituzioni museali, mettendo in dialogo la storia e il contemporaneo, favorendone una lettura integrata fresca, plurale ed evocativa. Abbiamo inserito questa programmazione fra quelle fondamentali per il triennio in corso, destinando volentieri l’intero capitolo destinato alle mostre in loco a questa collaborazione così intensa e piena di significati, che ponendo Cabras e Orani in stretto collegamento durante il periodo in cui le esposizioni resteranno contemporaneamente aperte, collega idealmente tutta la Sardegna e i suoi visitatori.”
“Il rapporto tra la preistoria e l’arte contemporanea è uno dei temi chiave della cultura del Novecento – afferma Giuliana Altea, presidente della Fondazione Nivola -, e l’opera di Nivola ne è una testimonianza importante, finora mai studiata sotto questo aspetto. La mostra Sulle spalle dei giganti, nata dalla collaborazione tra Fondazione Mont’e Prama e Fondazione Nivola, conferma come dalla sinergia tra istituzioni attive in diversi campi culturali possano nascere risultati di grande rilievo.”
Il titolo della mostra allude, oltre che alle monumentali statue ritrovate a Mont’e Prama, all’aforisma medievale secondo cui noi siamo, rispetto agli antichi, come nani sulle spalle dei giganti: riusciamo a vedere più lontano di loro, ma solo perché possiamo elevarci grazie alla loro grandezza. E la scultura di Costantino Nivola (Orani 1911 – Long Island 1988) si ispira fin dagli inizi agli anonimi maestri della preistoria sarda.
Formatosi come grafico e designer di allestimenti a Monza e Milano, Nivola – dal 1939 esule antifascista negli Stati Uniti – approda alla scultura nel 1950. In un clima culturale internazionale che dopo le distruzioni della guerra guardava alla Preistoria come a una fonte di possibile rinnovamento della civiltà, Nivola riscopre la Sardegna e il suo straordinario patrimonio archeologico, ponendolo alla base della propria arte.
Dopo la Seconda guerra mondiale, sull’onda dell’apertura al pubblico delle grotte di Lascaux in Francia (1948), il richiamo del lontanissimo passato esercita un’attrattiva sugli artisti di tutto il mondo. All’indomani di uno spaventoso conflitto, con la devastazione di intere regioni, il lancio di due bombe atomiche e la minaccia incombente del disastro nucleare, la fine della civiltà umana appariva una possibilità non tanto remota, e richiamava alla mente il momento della comparsa dell’uomo sulla terra.
La Preistoria con i suoi misteri diventa così specchio delle angosce dell’uomo contemporaneo, ma al tempo stesso evoca un’idea positiva di spiritualità e di legami comunitari in contrasto col materialismo, l’individualismo e la scienza disumanizzata moderni. Per Nivola, che avvertiva un profondo legame con la dimensione “primordiale” della Sardegna, era soprattutto questa interpretazione positiva della Preistoria a prevalere.
Nivola ritorna per la prima volta in Sardegna nel 1947. Di nuovo a New York, in contatto con Jackson Pollock e gli artisti della New York School, in quel periodo ugualmente affascinati dal totemismo e dai primordi dell’umanità, e in seguito all’incontro cruciale con Le Corbusier, l’artista scopre la scultura. Nel 1950 nascono i suoi primi sandcast (sculture di gesso o cemento realizzate con matrici di sabbia), che fondono elementi del Surrealismo (Nivola guarda ad artisti come Ernst e Giacometti) con elementi del folklore della Sardegna, ma soprattutto con il ricordo di statuine femminili di epoca neolitica come la cosiddetta Venere di Senorbì e la Dea Madre di Porto Ferro.
Dopo il 1952, a seguito di un altro soggiorno di sei mesi nell’Isola come inviato della rivista americana Fortune, il suo interesse per la Preistoria tocca il culmine. Folgorato dalla civiltà nuragica, percorre in lungo e in largo l’isola scattando centinaia di foto, si reca a visitare gli scavi del nuraghe di Barumini, entra in contatto con il suo scopritore, l’archeologo Giovanni Lilliu.
Da questo momento in poi, Nivola si sentirà l’erede spirituale dell’antica stirpe dei costruttori dei nuraghi e degli scultori dei bronzetti, consegnando alla stampa e alla critica un’immagine di sé fortemente legata al richiamo al passato ancestrale della Sardegna.
Nel 1953, il suo grande rilievo per lo Showroom Olivetti a New York trasforma il lussuoso negozio sulla Fifth Avenue in una sorta di caverna popolata di figure mitiche non meno misteriose di quelle di Lascaux, ricca di riferimenti puntuali alle civiltà prenuragiche e nuragica della Sardegna. Negli anni seguenti e fino al termine della sua vita, la Preistoria rimarrà un riferimento costante e un perenne stimolo per la sua ricerca: dai richiami all’architettura nuragica presenti nei suoi progetti monumentali, attraverso lo sviluppo di un’originale tecnica di graffito a fresco, sino alle solenni e suggestive Madri realizzate a partire dagli anni Settanta.
La mostra
La mostra, allestita in contemporanea in due sedi, il Museo Nivola (Orani) e il Museo Civico G. Marongiu (Cabras), mette a confronto le opere di Nivola con le testimonianze della preistoria sarda che lo hanno influenzato, presentate attraverso reperti originali, fotografie, e installazioni multimediali a cura del Visual Computing Group del CRS4.
Nata dalla collaborazione scientifica tra Giuliana Altea e Antonella Camarda, storiche dell’arte, Luca Cheri e Anna Depalmas, archeologi preistorici, e Carl Stein, architetto e già collaboratore di Nivola, la mostra presenta un’occasione irripetibile per esplorare il legame tra Nivola e la Sardegna, grazie anche a un gruppo di opere chiave dell’artista provenienti da collezioni private americane e italiane.
“Il percorso – spiega ancora Giuliana Altea – segue lo sviluppo della Preistoria in Sardegna, dalla comparsa degli esseri Umani sino all’apogeo della Civiltà Nuragica. Ad ogni momento del remoto passato dell’isola si affiancano opere fondamentali di Costantino Nivola, in un dialogo ideale che sorprende per la puntualità dei riferimenti e affascina per la bellezza delle opere esposte.”
Dalla prima sezione, in cui Nivola racconta il suo personale mito dell’origine attraverso una serie di opere – tra cui spicca un inedito trittico in bronzo degli anni Sessanta – che rimandano a Gea e Urano, la coppia divina primigenia, si passa all’età dei primi graffiti, che ancora oggi possiamo ammirare nelle domus de janas. “Questi graffiti – afferma Antonella Camarda – costituiscono per Nivola una continua fonte d’ispirazione: non solo l’artista dissemina le sue sculture di motivi incisi memori dei petroglifi, ma, dalla metà degli anni Cinquanta, il graffito su intonaco fresco diventa una delle sue tecniche favorite per le grandi decorazioni pubbliche, come la chiesa di Sa Itria a Orani o il playground delle Wise Towers a Manhattan (1964).”
Il confronto fra alcune ceramiche del V- IV millennio a.C. e i piatti che Nivola ha realizzato con il ceramista Luigi Nioi nel 1980 mostra il permanere della fascinazione per questi primi segni.
“In Sardegna – prosegue Anna Depalmas – è particolarmente diffusa la presenza dei menhir, grandi monoliti dalla forma ogivale di epoca prenuragica, a cui è dedicata la seconda sezione della mostra. Questi enigmatici manufatti dovettero colpire profondamente Nivola, che li cita nei primi sandcast degli anni Cinquanta, e in modo anche più diretto nel progetto di Piazza Satta a Nuoro, del 1967.”
Nel cuore della mostra al Museo Nivola è la Grande Madre, protagonista della statuaria eneolitica e tema centrale nell’immaginario di Nivola. Dai Totem degli anni Cinquanta alle Madri della tarda maturità, le figure femminili dell’artista conservano il fascino ambivalente delle loro antenate preistoriche.
L’esposizione prosegue con il parallelo, mai proposto in precedenza, tra i pozzi sacri, monumenti nuragici legati al culto delle acque, e l’arte di Nivola, che ne riprende in modo puntuale alcuni elementi strutturali e di dettaglio. “Il tema dell’acqua – racconta Carl Stein – è sempre stato caro a Nivola: le fontane svolgono un ruolo importante nella decorazione dei college Morse e Stiles all’Università di Yale, disegnati da Eero Saarinen (1960-1962, uno dei progetti più ambiziosi), e in quella delle Wise Towers a New York (1964). Nivola amava contrapporre l’abbondanza e lo spreco dell’acqua negli Stati Uniti con la scarsità dell’acqua in Sardegna, che la rende preziosa e ne alimenta il desiderio”.
La sezione dedicata al Costruttore, figura quasi mitica con cui Nivola si identificava, sia come figlio di muratore che come erede dei lontani artefici dei nuraghi, chiude la mostra al Museo Nivola e dà inizio a quella del Museo Giovanni Marongiu di Cabras. “Nivola – afferma Luca Cheri – scorge nell’idea di costruzione l’essenza stessa dell’arte. Dalla sua fascinazione per i muri nuragici nasce nei primi anni Cinquanta la serie dei Building Blocks, e al muro nuragico rimandano anche numerose sculture e monumenti concepiti come spazi da abitare, segno costante della compresenza, in Nivola – del ricordo delle architetture nuragiche e dell’esigenza modernista di un’arte per la comunità.”
All museo di Cabras, che già accoglie i Giganti di Mont’e Prama, la mostra prosegue con il confronto fra le sculture nuragiche in pietra e in bronzo e quelle di Nivola. I bronzetti nuragici, la cui struttura esile e asciutta sembrerebbe allontanarli dalle forme solide e compatte della maggior parte delle sculture di Nivola, costituiscono in realtà un modello ricorrente per le figure maschili, con riprese quasi letterali -come nelle terrecotte degli anni Settanta – o più indirette ma comunque sempre pregnanti.
Pastori, guerrieri e artigiani preistorici sono per Nivola figure mitiche del tempo dei Nuraghi, che continuano ad aggirarsi sulla terra, dando continua energia e ispirazione all’artista.