Lo si voglia o no, l’industria turistica artistica culturale regge su due pilastri portanti: la memoria locale e la capacità del contemporaneo di dialogare con lei, questo principio entropico funziona, se pubblico e privato dialogano nell’interesse comune dell’economia localmente diffusa che non può non alimentarsi che da connessioni esterne. Lo scenario contemporaneo Napoletano, al momento regge su una Fondazione, quella Morra Greco, che è l’unica in grado d’alfabetizzare localmente alimentando dialettica e contaminazioni.
A Palazzo Caracciolo d’Avellino sono esposti dei lavori della collezione, presentati dalla didascalia “Tanz auf dem vulkan” (titolo che si riferisce a un musical tedesco del 1938, ispirato a una frase pronunciata dal ministro degli affari esteri della Germania, Gustav Stresemann, che definì la società tedesca e i suoi cambiamenti, come “danza(ndo) su un vulcano. La collezione Morra, fotografa ciò che è avvenuto nel mondo dell’arte dal 2000 a oggi, alcune delle opere, sono state realizzate in sito.
La visione d’insieme è quella della capacità di un privato, di cogliere la mutazione del tempo con una serie d’istantanee d’artisti contemporanei: ci sono pezzi dalla grande forza individuale, la pittura di Ryan Mendoza e quella di Miltos Manetas ha da sempre una forza e una freschezza che s’afferma nello spazio, anche nei termini di concettualizzazione critica (e forse clinica visto i tempi) della medesima.
La scultura di Simon Sterling è un ready made che nel suo essere povero è formalmente e stilisticamente ricchissimo e purissimo, Jim Lambie e Daniel Pflumm sono presenti con light box di brand come Panasonic e MasterCard di cui resta solo la luminosa silhouette, ma sono solo lavori sui quali mi sono soffermato in un contesto dove tutto è inglobato e trasfigurato dalla cultura street, che rende l’arte contemporanea di fine e inizio millennio, vista dal quasi 2024, un corpo collettivo, un rave orgiastico che ci riporta prima o poi tutti a casa nel nome del “per questo vivo” Per cosa dovrebbe vivere un artista se non per sincronizzare arte e vita, la vera questione da porsi è: l’artista per essere vivo, deve essere fotografato in un’istantanea collettiva del collezionista? L’individualità, l’identità e la moltitudine dell’essere artista è proporzionale al livello individuale della propria Alta Formazione Artistica.
A tal proposito un fenicottero rosa cagliaritano, mi sussurra che Comune di Cagliari e Accademia di Belle Arti di Sassari, dovrebbero presentare al Miur il progetto delle sede distaccata di Cagliari entro Dicembre, la Regione Sardegna parrebbe avere stanziato i fondi per destinare la sede storica di San Giuseppe del Foiso Fois a questo nobile scopo. Sarebbe non male come botto di fine mandato della giunta Truzzu in Comune e della maggioranza Solinas in Regione.
L’Alta Formazione Artistica a Cagliari vale dal punto di vista storico, nell’area metropolitana del sud dell’isola, quanto la fondazione Morra Greco a Napoli, lo dico perché l’alfabetizzazione all’arte del privato, lo si voglia o no, passa sempre per il pubblico, senza Alta Formazione Artistica a Napoli, che senso avrebbe la Fondazione Morra a svecchiarla? Nascesse l’Accademia a Cagliari, anche se germinata, distaccata e dipendente da Sassari, potrei morire in pace, non sarò biologicamente un padre, ma almeno qualcosa avrò contribuito a farla nascere.
di Mimmo Di Caterino