Il fascino degli antichi miti e l’attualità della tragedia tra classici del Novecento e moderne epopee sportive, accanto a riflessioni sull’amore e sulle paure e le inquietudini del nostro tempo e a raffinate e intriganti coreografie contemporanee con la XLI edizione del Festival La Notte dei Poeti organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Romano di Nora e all’ex Pretura Regia di Pula con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, e realizzato con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comune di Pula e il contributo della Fondazione di Sardegna. Undici titoli in cartellone dal 7 al 28 luglio (per nove serate) nel suggestivo scenario del sito archeologico sulla costa sud-occidentale dell’Isola, sul palco sospeso tra cielo e mare nell’ora del tramonto, con un duplice omaggio rispettivamente a Grazia Deledda e a Pier Paolo Pasolini e il ricordo di Ezio Bosso, accanto a moderne riletture di immortali capolavori, recitals e performances, oltre a coreografie originali per la storica kermesse che sposa arte e memoria, cultura e natura.
Tra i protagonisti Elio Germano, uno dei più apprezzati interpreti del teatro e del cinema italiano e il musicista e compositore Teho Teardo per il pasoliniano “Il sogno di una cosa”, lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet con i suoi “Comizi d’Amore Contemporanei / Dialogo Sentimentale”, il cronista sportivo e storyteller Federico Buffa con il suo nuovo spettacolo “La Milonga del Fútbol” dedicato ai grandi campioni argentini e Arianna Porcelli Safonov con “Fiabafobia”, un ironico e coinvolgente one-woman show ispirato agli (in)giustificati timori del presente, per ridere e pensare. Gabriele Vacis, tra i registi italiani più interessanti del secondo Novecento, porta in scena il “Prometeo” di Eschilo mentre I Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica si confrontano con un altro capolavoro del grande drammaturgo greco, per una originale versione dei “7 contro Tebe”, mentre l’attore e regista Marco Menegoni, fondatore di Anagoor, è protagonista di “Liber Secundus: Ilio brucia”, una performance ispirata all’“Eneide” di Virgilio con live set di Mauro Martinuz e regia di Simone Derai, tra versi latini e sonorità beat.
S’intitola “LiberaMusica / Corpo e Armonia” il recital dell’attrice e pianista Guenda Goria, per uno speciale tributo a Ezio Bosso, poi spazio alla danza e alle parole con il trittico che accosta “Enfants”, una creazione coreografica di e con Roberta Maimone e Roberta Riontino ispirata alla gioia e alla libertà dell’infanzia a “Con Grazia”, reading tratto dalle opere di Grazia Deledda a cura dell’attrice e regista Rossella Dassu, e a “Shocking”, uno spettacolo ideato, diretto e interpretato dalle danzatrici e coreografe Francesca La Cava e Giorgia Maddamma e ispirato al Fenicottero Rosa (ma anche allo shock della pandemia) per un viaggio nella natura alla riscoperta del senso della vita.
In programma anche un Laboratorio a cura di Marco Menegoni e Simone Derai sul linguaggio e sul tema della natura nella poesia di Virgilio e di Andrea Zanzotto (dal 10 al 13 luglio nella ex Pretura Regia di Pula).
IL CARTELLONE
Una sfida contro il potere e una riflessione sulla condizione umana nel “Prometeo” (da Eschilo), uno spettacolo di Gabriele Vacis e Roberto Tarasco con gli attori di PEM / Potenziali Evocati Multimediali che – venerdì 7 luglio alle 20 al Teatro Romano di Nora – inaugura il XLI Festival La Notte dei Poeti. Un dramma fortemente contemporaneo, seppure scritto quasi duemilacinquecento anni fa, incentrato sulla figura emblematica del titano che rubò il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini: incatenato a una rupe per volontà di Zeus e tormentato da un’aquila che gli divora il fegato, Prometeo sconta così la sua disubbidienza.
Sotto i riflettori un gruppo di giovani attori – Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi e Gabriele Valchera – per la regia di Gabriele Vacis, con scenofonia di Roberto Tarasco, suono di Riccardo Di Gianni e cori a cura di Enrica Rebaudo – produzione Nidodiragno / CMC e PEM / Potenziali Evocati Multimediali.
Il pathos dell’antica tragedia rivive sulla scena e si incarna negli interpreti, attraverso un linguaggio moderno che non tradisce la solennità e la potenza evocativa di una lingua arcaica, ma anzi restituisce il senso di una visione del mondo popolato di divinità e eroi, allorché la stirpe umana inizia a controllare gli elementi attraverso la scienza e la tecnica, senza tuttavia potersi sottrarre al fato: una storia mitica trasfigurata in poesia.
Un recital dedicato a Ezio Bosso – sabato 8 luglio alle 20 – per ricordare un artista che ha saputo esprimere e trasmettere l’amore per la vita e per la bellezza attraverso le note: “LiberaMusica / Corpo e Armonia” con la pianista e attrice Guenda Goria riflette la parabola amara e struggente di un’esistenza segnata dalla malattia, ma illuminata dal talento e dalla passione. Un inedito ritratto del poliedrico contrabbassista, pianista, compositore e direttore d’orchestra che ha saputo affrontare e superare con grazia gli infiniti ostacoli sul suo cammino, diventando esempio e punto di riferimento per tanti artisti (e non solo). Una vita nel segno della musica, arte libera e senza confini, capace di far vibrare le corde più segrete, di suscitare emozioni e evocare paesaggi dell’anima: Ezio Bosso è stato un uomo e un artista fuori dal comune, dotato di grande capacità comunicativa, che ha conquistato il pubblico con la sua sincerità: «La malattia non è la mia identità, è più una questione estetica. Ha cambiato i miei ritmi, la mia vita». Ma non l’ha fermato. Fin dal titolo “LiberaMusica” rimanda alla poetica del maestro, alla sua idea di diffondere l’arte dei suoni negli asili e nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri oltre che nelle sale da concerto: «Perché alla fine di tutto una musica per essere davvero libera entra nella pancia, passa per il cuore e fa muovere la testa. E quando queste tre cose si muovono insieme diventiamo noi stessi davvero liberi».
Un affresco dell’Italia del Novecento – domenica 9 luglio alle 20 – con “Il sogno di una cosa” di e con Elio Germano e Teho Teardo, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini (produzione Infinito Teatro-Pierfrancesco Pisani e Argot Produzioni): un’opera giovanile, ma pubblicata solo nel 1962, che apre e insieme conclude, prima di “Teorema” e dell’incompiuto “Petrolio”, la grande stagione narrativa dell’intellettuale, cineasta, scrittore e poeta. «Pasolini ci parla con le voci delle persone che dall’Italia del secondo dopoguerra, stremate dalla povertà, sono scappate attraversando illegalmente il confine per andare in Jugoslavia, attratte dal comunismo e con la speranza di trovare un lavoro dignitoso e cibo per tutti» – si legge nella presentazione –. “Il sogno di una cosa” racconta le vicende di tre giovani figli di braccianti, provenienti dalla pianura del Tagliamento, accomunati dall’amore per le feste, per la musica, i balli e il vino, che scoprono il gusto dell’amicizia: tra varie esperienze e incontri, in loro prenderà forma una elementare coscienza politica, grazie a un istintivo senso di giustizia. Nel suo romanzo d’esordio, che precede “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, l’artista fonde spunti neo-realistici e toni di delicato lirismo nel descrivere la vita dura, fatta di miseria e fatiche, delle genti del mondo rurale, tra i fallimenti e il disincanto di quei giovani eroi dal cuore puro, plasmati da un’etica del lavoro, che sognano un futuro migliore.
Tra mito e poesia – venerdì 14 luglio alle 20 – con “Liber Secundus: Ilio Brucia” di Anagoor: la performance di Marco Menegoni con live set di Mauro Martinuz, per la regia di Simone Derai, che cura anche il disegno luci e (con Serena Bussolaro) i costumi, si ispira al drammatico racconto della distruzione di Troia nell’“Eneide” di Virgilio. Cronaca di un massacro a cui l’eroe figlio di Venere assiste impotente, indeciso se gettarsi nella mischia e perire o cercare di trarsi in salvo con i suoi cari e intraprendere la via dell’esilio: l’inganno dei greci e la costruzione del cavallo di legno, perfetto nascondiglio per i nemici pronti a penetrare nella città, rivivono attraverso le parole di un superstite, un guerriero sgomento di fronte alla ferocia dell’assalto e alla strage sanguinosa di donne e uomini, vecchi e fanciulli. Nel ritmo incalzante degli esametri dattilici, sul beat elettronico della colonna sonora, si riflette il clangore delle armi, insieme ai bagliori delle fiamme: dopo dieci anni di assedio, di scontri, di duelli, gli abitanti di Troia inermi cadono nelle case e nei tempi, per le strade, sotto i colpi dell’esercito invasore, per un capriccio degli dei. Nell’antico poema affiora come da un incubo l’immagine tremenda dei disastri della guerra, quello strano “gioco” che a distanza di secoli ancora si perpetua, con armi sempre più potenti e perfezionate, come un perverso rito che nell’era dei viaggi spaziali, lascia dietro di se dolore e odio, morte e desolazione.
Storie di grandi campioni – sabato 15 luglio alle 20 – ne “La Milonga del Fútbol”, uno spettacolo di e con Federico Buffa, protagonista sulle note del pianoforte di Alessandro Nidi (sua anche la direzione musicale e i brani originali) con la cantante e attrice Mascia Foschi, per la regia di Pierluigi Iorio – produzione IMARTS / International Music and Arts. Sul palco in riva al mare il famoso cronista sportivo, apprezzato e brillante storyteller, rievocherà le imprese di alcuni dei più celebri calciatori di tutti i tempi: miti del pallone, da Renato Cesarini a Omar Sivori e Diego Armando Maradona, le cui carriere si svolgono tra il Sudamerica e l’Italia, in una moderna, avvincente epopea. «Renato Cesarini, un funambolo del gol, scoprirà Omar Sivori e lo porterà in Italia. Ci si riferisce a lui quando si parla di “Zona Cesarini”, per aver segnato alcuni gol negli ultimi secondi prima del fischio finale» – si legge nella presentazione –. «Omar Sivori, talentuoso e irriverente, incantava l’Argentina degli anni ’50 nel pieno del boom economico. E infine Diego Armando Maradona, el pibe de oro, il più grande di sempre, col suo calcio spettacolare e fantasioso divenne un idolo degli anni ‘80 –‘90 per un popolo che usciva dai problemi della recessione e della dittatura del Generale Videla». Federico Buffa ripercorre, in una intrigante narrazione, le vicende di tre eroi moderni, ammantati di gloria e acclamati negli stadi, sullo sfondo della temperie sociale e politica di un’epoca di tragedie e trionfi.
Sulla giostra delle umane passioni, tra seduzione e disincanto – venerdì 21 luglio alle 20 – con “Comizi d’Amore Contemporanei / Dialogo Sentimentale” (produzione Teatro Ristori di Verona, da un’idea di Alberto Marini) per una libera riflessione dello psichiatra e scrittore Paolo Crepet sulla complessità delle relazioni e sulle contraddizioni della mente e del cuore. Un’indagine sulle misteriose regole dell’attrazione e sulle piccole e grandi incomprensioni del quotidiano, sulla profondità (o superficialità) dei legami nella cosiddetta società liquida, dominata dalla precarietà e dall’incertezza, arricchita di spunti e suggestioni offerte dalle opere di compositori come Claude Debussy, Johannes Brahms, Fryderyk Chopin, Sergej Rachmaninov e Astor Piazzolla. Sulla colonna sonora disegnata da Marcello Mazzoni al pianoforte, Paolo Crepet analizza stati d’animo, inclinazioni, comportamenti e attitudini, azioni e reazioni in una sorta di moderno alfabeto dei sentimenti, mettendo l’accento sulla necessità di amare e sentirsi amati. «Tutto parte dalla ricerca della felicità e per questo credo che la psichiatria sia l’arte di rimuovere gli ostacoli alla felicità» – sostiene Crepet –. «Le emozioni e i sentimenti? Il rischio è che diventino preconfezionati. Sta passando di moda la passione e quindi anche l’amore passionale. Nella seduzione, cioè nell’approccio tra due persone che si piacciono, non può saltare un elemento, che è quello faticoso del conoscersi, dell’approfondire e del creare complicità, per imparare a capirsi e ascoltarsi».
Un’indagine sulle antiche e moderne paure – sabato 22 luglio alle 20 – con “Fiabafobia”, ironico e coinvolgente one-woman-show di e con Arianna Porcelli Safonov (produzione Mismaonda): una serie di racconti emblematici incentrati sulle inquietudini e sui più o meno giustificati timori che caratterizzano la nostra epoca. Tra le emozioni primarie, la paura nasce dall’istinto di autoconservazione come reazione inconscia davanti a una minaccia o a un pericolo reale o immaginario ma si trasforma in strumento di dominio sulle masse, laddove sia possibile indicare una possibile causa di disordine o malattia o un potenziale nemico. «La risata è il linguaggio che serve per entrare dentro ad uno degli argomenti più attuali, impegnativi e meno discussi di questo momento storico: la paura come timone sociale» – sottolinea Arianna Porcelli Safonov –. «Sin dai tempi dell’Uomo Nero, ogni anno viene prodotto un nuovo soggetto che dovrà farcela fare sotto. Quando ero piccola si doveva aver paura di Chernobyl, poi c’è stata la Mucca Pazza, l’arsenico nell’acqua, i testimoni di Geova. Poi sono arrivati i musulmani e dopo il 2001 se vedevi un arabo con cartella Invicta, eri in grado di allontanarti con un record da far piangere Usain Bolt…».“Fiabafobia” affronta in chiave umoristica e tragicomica il «clima di terrore mondiale» ma anche le «fobie personalizzate», dai serpenti, ai ragni, all’aereo, ai batteri di ogni tipo… per una sorta di catarsi collettiva, «sperando che non ci sia nessuno che abbia paura di ridere di pensare».
Nel segno dell’arte di Tersicore – giovedì 27 luglio dalle 20 – con il trittico che accosta due creazioni coreografiche, “Enfants” di Roberta Maimone e Roberta Riontino e “Shocking” di Francesca La Cava e Giorgia Maddamma, tra cui è incastonato il reading “Con Grazia” a cura di Rossella Dassu per un omaggio a Grazia Deledda.
S’intitola “Enfants” la performance ideata e interpretata dalle danzatrici e coreografe Roberta Maimone e Roberta Riontino (Roberta&Roberta Production), nata dalla «voglia di unione e divertimento», per regalare un sorriso, attraverso un momento di riflessione sull’approccio alla vita quotidiana, «contrapponendo l’età adulta alla ricerca infantile della libertà e della gioia». Una partitura che ritrae gli «automatismi referenziali del comportamento adulto nella società contemporanea, per poi entrare in contatto con il bambino che è in noi, liberi di giocare con la nostra infinita immaginazione» – come sottolineano le due artiste – «utilizzando un linguaggio coreografico che include un movimento ritmico e ben definito accanto alla musica», per rappresentare «il flusso dell’immaginazione infantile: qualcosa che non si può dire e quindi deve essere vissuto». Un racconto per quadri in cui è fortemente presente l’elemento ludico, per mettere in risalto la spensieratezza e l’innocenza dell’infanzia, a fronte delle stratificazioni culturali e sociali, dei rigidi limiti e degli schemi comportamentali tipici dell’età adulta. «La performance ricorda il desiderio di tornare all’infanzia, esplorando le parti non guarite e non scoperte di noi stessi, il bambino interiore onnipresente in tutti noi e realizzando come andare avanti nella vita con serenità, entusiasmo ed eccitazione». “Enfants” rappresenta un invito alla leggerezza: «Sorridi, divertiti e non prenderla troppo sul serio!».
“Con Grazia” – con una serie di letture dalle opere di Grazia Deledda a cura dell’attrice e regista Rossella Dassu, esplora l’immaginario della scrittrice nuorese Premio Nobel attraverso una antologia di testi significativi che riguardano in particolare, ma non solo, l’universo femminile. Un viaggio nell’opera dell’autrice di “Cenere” e “Canne al Vento”, che ha saputo raccontare la Sardegna arcaica e la civiltà agro-pastorale ma anche le atmosfere cittadine, ponendo l’accento sulle passioni umane. “Con Grazia” è quindi un omaggio alla scrittrice e poetessa, creatrice di personaggi indimenticabili, autrice raffinata e eclettica capace di utilizzare differenti registri e stili per trasportare sulla pagina la relazioni affettive e i legami di sangue, la visione della famiglia e della società in un’Isola reinventata e quasi leggendaria, ma sorprendentemente somigliante al vero, tra crudo realismo e elementi fiabeschi. Nei romanzi e nelle novelle di Grazia Deledda emerge una profonda conoscenza della natura umana, con le sue luci e le sue ombre, tra battaglie interiori e dilemmi morali, ansia di libertà e desiderio di seguire le proprie inclinazioni e i propri sogni di contro agli obblighi morali e alle aspettative altrui, nell’eterna lotta tra il bene e il male. La scrittrice che grazie alla sua intelligenza e al suo talento ha saputo conquistarsi un posto nel mondo, rappresenta un modello di donna moderna e emancipata e un riferimento per le generazioni presenti e future.
“Shocking”, originale creazione coreografica di e con Francesca La Cava e Giorgia Maddamma, con aiuto alla drammaturgia e ideazione luci di Anouscka Brodacz, musica originale di Globster e disegno luci di Michele Innocenzi – produzione Gruppo e-Motion e KoreoProject –si ispira all’idea del volo per un percorso alla riscoperta dell’ambiente e del rispetto della natura. «Sentiamo l’urgenza di fare un passo indietro e ripartire con una nuova rotta, piantare nuovi semi per far crescere piante nuove e migliori, rispettare i nostri luoghi, imparare ad apprezzarli e a riconoscerne la bellezza e l’unicità» – sottolineano le due autrici –. «Incentriamo la nostra ricerca su qualcosa che esiste, che vive attorno a noi, nella sua estrema, semplice, complessità, nel suo meccanismo unico che appartiene al regno degli animali, dal quale abbiamo scelto il Fenicottero Rosa. Partiamo dal concetto che la gran parte delle cose di cui crediamo di aver bisogno sono in realtà superflue e, peggio ancora, ci impediscono di focalizzarci su ciò che veramente ci occorre. Nella natura possiamo di sicuro trovare la nostra fonte di ricchezza profonda, i nostri semi da far germogliare». Nel duplice significato suggerito dal titolo “Shocking” accosta la tonalità di colore dei fenicotteri allo «shock subito dall’intera umanità per la pandemia, e di cui probabilmente gli animali hanno vissuto il lato migliore, quello della libertà» in una sintesi poetica e immaginifica attraverso la danza.
Il pathos della tragedia e il racconto di una guerra fratricida – venerdì 28 luglio alle 20 – con “7 contro Tebe” (da Eschilo), uno spettacolo de I Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica che vede protagonisti sulla scena Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri e Enzo Illiano per una rilettura del mito in chiave contemporanea – produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi in co-produzione con I Sacchi di Sabbia. Eteocle e Polinice, figli di Edipo, avevano deciso di regnare a turno su Tebe, ma Eteocle non rispettò il patto e, per non cedere il trono al fratello, lo fece catturare e allontanare dalla città. L’esule Polinice, alleatosi con il re di Argo, tornò deciso a riconquistare il potere e la città; «la tragedia di Eschilo inizia qui, con l’esercito argivo alle porte di Tebe: per ciascuna delle sette porte un guerriero terribile e un altrettanto terribile guardiano».
«Questo lavoro chiude una trilogia à rebours sull’immaginario greco: dopo Luciano di Samosata (“Dialoghi degli Dei”) e Euripide (“Andromaca”), arriva il grande Eschilo, con un testo arcaico, uno dei più antichi che ci sono pervenuti: i “7 contro Tebe”» – scrivono Massimiliano Civica e I Sacchi di Sabbia –. «Affrontare una tragedia arcaica con le tecniche del comico non significa farne una parodia. La sfida di questo nuovo progetto, che miscela alto e basso senza soluzione di continuità, è “costringere” lo spettatore a disposizioni emotive sempre diverse, portarlo a sperdersi nell’immaginario greco». In attesa del drammatico finale…
Focus sulla poesia con il Laboratorio a cura di Marco Menegoni e Simone Derai (Anagoor), in programma dal 10 al 13 luglio nell’ex Pretura Regia di Pula, in cui i due artisti mettono a confronto le opere di Publio Virgilio Marone (I secolo a.C.) e Andrea Zanzotto (1921-2011), approfondendo in particolare il lessico e il rapporto con la natura. Nelle “Bucoliche” il poeta della Roma imperiale evoca il canto dei pastori in una idilliaca Arcadia attraverso dieci Egloghe, sul modello di Teocrito, tra dialoghi, struggimenti amorosi, profezie e digressioni filosofiche (mentre nelle “Georgiche” affronta il lavoro dei campi, la coltivazione della vite e dell’olivo, l’allevamento e l’apicoltura in forma di poema). Andrea Zanzotto compone le sue “IX Ecloghe” tra il 1957 e il 1960: l’autore si discosta dalla cultura novecentesca per riscoprire la poesia pastorale, ma nel paesaggio incantato frutto dell’invenzione letteraria si riconoscono i simboli della modernità, tra atmosfere cittadine e realtà industriale. Marco Menegoni e Simone Derai, che in “Egloga XI / Un omaggio presuntuoso alla grande anima di Andrea Zanzotto” hanno affrontato una serie di temi sottesi all’opera del poeta, proseguono la loro indagine su una delle figure più significative dell’Italia del secondo Novecento.