La magia del nouveau cirque tra scoppiettanti commedie e riletture di classici, accanto alle creazioni di importanti coreografi per il ricco cartellone della Stagione 2024-2025 di Prosa | Danza | Circo Contemporaneo organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro del Carmine di Tempio Pausania con il patrocinio e il sostegno del Comune di Tempio Pausania, della Regione Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione di Sardegna. Nove titoli in cartellone da dicembre ad aprile con protagonisti del calibro di Giuseppe Cederna, Lucia Vasini e Lorenzo Lavia con Paolo Triestino, Enzo Decaro, l’attivista, conduttrice e scrittrice Carlotta Vagnoli e gli irresistibili Jashgawronsky Brothers, lo Spellbound Contemporary Ballet e la Compagnia Zappalà Danza e il giovane e pluripremiato coreografo Piergiorgio Milano.
Omaggio a Achille Campanile con “Campanilismi”, uno spettacolo di Elio Turno Arthemalle, la comicità travolgente di Peppino De Filippo in “Non è vero ma ci credo” per la regia di Leo Muscato, viaggio nella storia del Novecento con “Le gratitudini” dal romanzo di Delphine de Vigan, una riscrittura dell’“Otello” di William Shakespeare tra echi pasoliniani e rimandi all’opera dei pupi e un’inedita versione dell’“Enrico IV” di Luigi Pirandello che indaga l’animo umano con un raffinato gioco di specchi tra vita e arte.
Ouverture con brio con “ToyBoys” degli Jashgawronsky Brothers, un divertissement circense tra musica classica e pop, poi “Campanilismi”, da “Il povero Piero” di Achille Campanile, una commedia nera sui riti e le convenzioni ma specialmente sull’ipocrisia della società e spazio alla danza contemporanea con “Dalla A alla Z” che accosta le coreografie di Mauro Astolfi e Roberto Zappalà in un dialogo a distanza tra diverse sensibilità e differenti approcci all’arte di Tersicore. Sotto i riflettori anche Carlotta Vagnoli con “Le Solite Stronze”, una galleria di “donne di carta” e intellettuali, scienziate e artiste controcorrente tra cui la scrittrice Michela Murgia con la colonna sonora di Francesco Medda Arrogalla, e ancora felici intrecci fra letteratura e teatro con “Le Gratitudini” dal romanzo di Delphine de Vigan, con adattamento e regia di Paolo Triestino, in scena con Lucia Vasini e Lorenzo Lavia e con Valentina Bartolo, sulla vicenda di Michka, una correttrice di bozze di origini polacche che, ormai anziana e inferma, decide di ringraziare coloro che l’hanno aiutata e specialmente chi l’ha salvata, quando era bambina, dalle persecuzioni naziste.
S’intitola “White Out / La conquista dell’inutile” la coreografia di Piergiorgio Milano ispirata all’alpinismo, in un visionario racconto sull’amicizia, il rischio e la fiducia, tra il fascino e i pericoli della montagna. Ironia in scena con “Non è vero ma ci credo”, una pièce tragicomica sulle conseguenze della superstizione firmata da Peppino De Filippo, con Enzo Decaro (un’intensa carriera fra teatro, cinema e televisione, a partire dal successo del trio La Smorfia con Massimo Troisi e Lello Arena) nel ruolo del protagonista, il commendator Gervasio Savastano, con la regia di Leo Muscato, e una riflessione sulla follia e sui paradossi della società con l’“Enrico IV” pirandelliano, nella mise en scène di Giorgia Cerruti che mette l’accento sull’inesorabile scorrere del tempo, in un dramma moderno dove un uomo imprigionato nel passato si fa beffe, a modo suo, della crudeltà e delle ingiustizie mettendo a nudo la verità.
Infine una tragedia elisabettiana reinterpretata in chiave contemporanea: nell’“Otello” riscritto da Francesco Niccolini, Giuseppe Cederna incarna un inedito Jago che come il “monnezzaro” di “Che cosa sono le nuvole” di Pier Paolo Pasolini, evoca nel suo teatro della memoria la celebre vicenda del Moro di Venezia e della bella Desdemona, insinuando il veleno della gelosia «in un universo cupo, infelice, astioso, capace solo di vendette, soprusi e tanta sciocchezza».
IL CARTELLONE
Un divertissement musicale – domenica 15 dicembre alle 21 – con gli scatenati Jashgawronsky Brothers, in scena con “ToyBoys”, speciale saggio di fine anno di una Scuola di Musica in cui gli allievi si cimentano con un vastissimo repertorio, dai capolavori dei grandi maestri alle canzoni dei Beatles… suonando con dei giocattoli. Tra classici e virtuosistici accenti e melodie pop, gli affiatati Brother Pavel (alias Paolo Rozzi), Brother Richard (Riccardo Pinato), Brother Francis (Francesco Cigana) e Brother Thomas (Tommaso Piron) daranno vita a un concerto-spettacolo che intreccia le arti circensi, tra giocoleria e acrobazie sommate alla comicità irresistibile dei clowns e la musica, in un susseguirsi di invenzioni e gags. Riflettori puntati sugli irresistibili Jashgawronsky Brothers, reduci da tournées internazionali oltre alle apparizioni sulla ribalta televisiva, da Zelig a Il Circo di Raitre, Music Quiz e Italia’s Got Talent e alla partecipazione a festival e rassegne, che propongono una inedita performance con «topolini parlanti, fattorie sonore, sonagli, trombette, bamboline, pupazzi, ukulele, flautini, chitarrine e tastierine… Immaginate i Beatles alla scuola elementare o i Queen all’asilo dopo aver svaligiato un negozio di giocattoli!».
Ironia in scena – venerdì 17 gennaio alle 21 – con “Campanilismi”, uno spettacolo di Elio Turno Arthemalle, da “Il povero Piero” di Achille Campanile, una commedia nera sulle regole e le convenzioni della società, con Alessio Arippa, Valentina Fadda, Gabriele Peirani, Valentino Pili, Chiara Porcu e Angelo Trofa e la partecipazione di Elio Turno Arthemalle (produzione Teatro Impossibile). La divertente pièce mette l’accento sull’ipocrisia e sulla futilità dei riti mondani che fanno da corollario all’improvvisa scomparsa del personaggio del titolo, tra la necessità di rispettare la volontà del defunto di non annunciarne la morte se non dopo il funerale e l’inevitabile diffondersi della notizia tra parenti, amici e conoscenti, mentre affiorano passioni e conflitti, in un colorato affresco di varia umanità. «E’ probabile che Campanile oggi non sia solo attuale, ma necessario» – sottolinea l’attore e regista Elio Turno Arthemalle –. «Tutto l’armamentario di convenzioni borghesi, ipocrisie, piccole carognate vili oggetto della sua irrisione e che a considerarle solo qualche decennio fa sembravano consegnate alla preistoria del costume, per qualche misteriosa ragione e per impreviste vie, tornano a condizionare i nostri comportamenti».
Focus sulla danza contemporanea – mercoledì 5 febbraio alle 21 – con “Dalla A alla Z”, originale co-produzione di Spellbound Contemporary Ballet & Compagnia Zappalà Danza con coreografie di Mauro Astolfi e Roberto Zappalà: un ideale dialogo tra i due artisti, che «si incontrano su un terreno creativo comune, dando vita a un confronto tra due poetiche diverse ma complementari». In programma due creazioni di Mauro Astolfi, “If you were a man” e “A Better Place”, con Filippo Arlenghi, Lorenzo Beneventano, Anita Bonavida, Alessandro Piergentili e Roberto Pontieri, disegno luci di Marco Policastro e costumi di Anna Coluccia, su una variegata colonna sonora e due lavori di Roberto Zappalà (che firma coreografie, luci e costumi), “2×2” e “Brotherhood”, con musiche di Johann Sebastian Bach e Johannes Brahms, interpretati da Filippo Domini, Anna Forzutti, Silvia Rossi e Erik Zarcone. «Il progetto nasce dal desiderio di esplorare nuovi linguaggi espressivi e dalla volontà di costruire una relazione artistica che vada oltre le singole capacità tecniche, mettendo al centro la collaborazione e la ricerca di una nuova ispirazione». “Dalla A alla Z” rappresenta l’occasione per apprezzare le differenti cifre stilistiche e la poetica di due tra i più importanti autori della scena coreutica italiana.
Viaggio nell’universo femminile – sabato 8 febbraio alle 21 – con Carlotta Vagnoli e il suo nuovo monologo dal titolo evidentemente provocatorio, “Le Solite Stronze” con la drammaturgia sonora di Francesco Medda Arrogalla (produzione Mismaonda): la poliedrica scrittrice, autrice e speaker radiofonica, già sex columnist per GQ e Playboy, all’attivo oltre ai saggi “Maledetta Sfortuna”, “Poverine” e “Memoria delle mie puttane allegre” anche il romanzo “Animali Notturni”, propone una galleria di “donne di carta” e figure di spicco della cultura e della politica, come la scrittrice Michela Murgia. In chiave ironica, tra satira e note di costume, Carlotta Vagnoli si affida alle parole della pedagogista Elena Gianini Belotti per introdurre il tema della “differenza”, evoca eroine da romanzo come Emma Bovary e Anna Karenina, oltre alla capricciosa e ribelle Catherine Earnshaw di “Cime Tempestose”, accanto alla comandante Carola Rackete. Ne “Le Solite Stronze” l’artista fiorentina, da vari anni impegnata nel diffondere l’idea della parità e del rispetto per arginare la violenza di genere, prova a ribaltare gli stereotipi della cultura patriarcale attraverso gli esempi luminosi di donne rivoluzionarie capaci di cambiare e migliorare il mondo.
Un poetico e commovente inno alla vita – sabato 22 febbraio alle 21 – con “Le gratitudini”, dal romanzo di Delphine de Vigan, con adattamento e regia di Paolo Triestino, con un’intensa Lucia Vasini nel ruolo della protagonista, Michka, un’anziana correttrice di bozze che prima di “perdere le parole” vorrebbe ringraziare chi le ha salvato la vita, accanto a Lorenzo Lavia, Paolo Triestino e Valentina Bartolo, con scenografia di Francesco Montanaro, costumi di Lucrezia Farinella, disegno luci di Alessandro Nigro e musiche originali di Massimiliano Gagliardi, movimenti coreografici a cura di Erika Puddu (produzione a.ArtistiAssociati / Centro di Produzione Teatrale). Una donna dall’animo mite e gentile, assistita da Marie, la figlia di una vicina e da un giovane ortofonista rievoca la sua infanzia nei giorni della Shoah: la pièce teatrale racconta una storia struggente e emblematica ma anche piena di speranza, in cui trovano posto la tenerezza e l’affetto, e il sentimento raro e prezioso della gratitudine. Il desiderio di Michka, poter dire grazie alla famiglia che l’ha accolta, bambina, in tempi difficili e pericolosi, diventa il simbolo di un’umanità che reagisce di fronte all’orrore e resiste anche in un’epoca di barbarie.
La sfida delle vette, tra la vertigine dell’altezza e il candore della neve – mercoledì 12 marzo alle 21 con “White Out / La conquista dell’inutile”, una creazione del pluripremiato coreografo Piergiorgio Milano, uno dei più interessanti talenti della danza italiana contemporanea, in scena con Javier Varela Carrera e Luca Torrenzieri, con disegno luci di Bruno Teusch e sound design di Federico Dal Pozzo, costumi di Raphaël Lamy, Simona Randazzo e Piergiorgio Milano (che cura anche scenografia e soundtrack) per «un omaggio a tutti gli alpinisti che sono scomparsi o hanno rischiato di scomparire nel bianco senza fine» (produzione Compagnia Piergiorgio Milano). “White Out” – con un titolo che rimanda a una situazione estrema, quando immersi in un bianco accecante, si perde la direzione, quasi al confine tra la vita e la morte – è «un viaggio ironico e drammatico, divertente e coinvolgente, non solo attraverso il paesaggio naturale evocato sul palco, ma attraverso l’interiorità umana stessa». Un avvincente racconto per quadri ricco di pathos, in cui tra flashback e immagini simboliche si affrontano temi come l’amicizia, il rischio e la fiducia, nel ripercorrere i momenti cruciali di una tragedia di montagna «seguendo l’evoluzione di una piccola comunità di alpinisti nel loro cammino iniziatico».
Un vivido affresco della società – sabato 29 marzo alle 21 – con “Non è vero ma ci credo”, esilarante commedia di Peppino De Filippo con Enzo Decaro e con (in o.a.) Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo e Ingrid Sansone, scene di Luigi Ferrigno, costumi di Chicca Ruocco e disegno luci di Pietro Sperduti, per la regia di Leo Muscato (produzione I Due della Città del Sole). Una pièce brillante incentrata sulla figura di Gervasio Savastano, ricco e avaro imprenditore che «vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura»: nel ruolo interpretato da Peppino De Filippo, Enzo Decaro incarna una maschera contemporanea, una figura tragicomica e grottesca in cui si intrecciano avidità e ambizione e consapevolezza della propria fragilità e della volubilità della fortuna. Il commendatore, vittima della sua ossessione, compie azioni sconsiderate licenziando e assumendo gli impiegati non in base alle loro capacità ma a vaghi timori e intuizioni dettati dalla superstizione e perfino progettando le nozze della figlia con un uomo dotato di una provvidenziale gobba, sullo sfondo di una Napoli surreale, non più degli Anni Trenta ma degli Anni Ottanta, tra icone come Mario Merola, Pino Daniele e Diego Maradona.
Un classico del Novecento – martedì 8 aprile alle 21 – con “Enrico IV / una commedia” dal capolavoro di Luigi Pirandello, nell’adattamento di Fabrizio Sinisi, con Davide Giglio, Giulia Eugeni, Luca Serra Busnengo e Giorgia Cerruti, con disegno luci e consulenza scenotecnica di Lucio Diana, sound design e fonica di Guglielmo Diana, per la regia di Giorgia Cerruti (produzione Piccola Compagnia della Magnolia – Creazione 2023_Progetto Vulnerabili 22.24). Una inedita versione di «un’opera nera» – come sottolinea la regista – venata da un cupo umorismo «che pulsa sotterraneo e che scompone le apparenze, che individua il “contrario” delle cose, per rispondere a un bisogno di cogliere le contraddizioni della realtà», in cui emergono pensieri e stati d’animo, tra il ricordo di un amore giovanile e i molteplici inganni e tradimenti, in una storia intricata e ricca di colpi di scena, in bilico tra farsa e tragedia, normalità e follia. «Un ardito adattamento che affida da subito al pubblico il segreto del dolore di vivere» – rivela Giorgia Cerruti – «assumendo la pazzia consapevole come arma di smascheramento del mondo, dove il personaggio “senza nome” che si fa chiamare Enrico IV diventa un osservatore, dall’interno di una gabbia, di un universo crepuscolare, un uomo invisibile per gli altri nella sua vera natura».
Un raffinato gioco metateatrale – lunedì 14 aprile alle 21 – con “Otello” di William Shakespeare nella riscrittura di Francesco Niccolini, con Giuseppe Cederna nel ruolo di Jago e con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Lucia Socci, Lorenzo Carmagnini, Riccardo Naldini e Elisa Proietti per la regia di Emanuele Gamba (produzione Arca Azzurra). La celebre tragedia elisabettiana trasportata nel teatro delle marionette, come nella folgorante sintesi pasoliniana di “Che cosa sono le nuvole”, con Totò e Ninetto Davoli e con Domenico Modugno nei panni di un “monnezzaro”, Franco e Ciccio, Adriana Asti e Laura Betti: un demoniaco Jago, una sorta di custode dell’inferno, rievoca la storia del Moro di Venezia e della bella Desdemona, ovvero afferma Francesco Niccolini, una «tragedia surreale e ridicola, fatta di tradimenti, sospetti e gelosie». Una versione inedita del celebre dramma proiettato in un universo cupo, dove non esistono né innocenza né bontà, ma solo «piccoli infami, approfittatori e personaggi incapaci di resistere alle tentazioni» e dove Jago allestisce il suo teatro, «in cui finte parole accendono passioni vere che portano dritte ad epiloghi di morte».