La scossa di terremoto registrata ieri nella zona dei Campi Flegrei a Napoli, di magnitudo 4.2 è stata la più forte degli ultimi 40 anni. Ma da giorni il capoluogo campano e i comuni limitrofi sono scossi da uno sciame sismico sempre più frequente e di maggiore intensità. Ma cosa sta succedendo in quell’area? Potranno avvenire altri terremoti?
Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano Ingv, spiega che il terremoto avvenuto intorno alle 3 di mattina del 27 settembre “è legato ai Campi Flegrei e al fenomeno del bradisismo che caratterizza tutta l’area, e in particolare la caldera. Associato al sollevamento del suolo c’é l’aumento dello sforzo della crosta e quindi la rottura e la generazione di terremoti”.
Quanto alla possibilità di altre scosse, “si tratta di una previsione che non possiamo fare, ma tenuto conto dell’attuale fase deformativa molto intensa, ci aspettiamo che avvengano altre scosse anche di magnitudo uguale o maggiore a questa, anche se non molto più grande considerato il tipo di roccia presente in questo vulcano. Sono però terremoti molto superficiali e questo, anche per magnitudo medio-piccole, può generare una facile avvertibilità degli eventi, come è stato per quest’ultimo avvertito nella notte”.
“La situazione attuale nei Campi Flegrei è abbastanza critica dal punto di vista della sismicità: dal 2006 a oggi il suolo si è sollevato di circa 1 metro e 10cm, parliamo di 15-20 cm in più rispetto al livello del suolo massimo che era stato raggiunto nel 1984” sottolinea all’Adnkronos Giuseppe De Natale, vulcanologo della Società Italiana Geologia Ambientale, ribadendo la necessità di “verificare la vulnerabilità degli edifici intorno all’area e procedere allo sgombero ilo prima possibile”. Secondo l’esperto, la situazione dei Campi Flegrei – a ovest di Napoli nell’area del golfo di Pozzuoli, uno dei centri vulcanici più attivi al mondo – è molto seria.
“Il sollevamento del suolo al quale stiamo assistendo testimonia che c’è una sorgente di pressione interna al sistema che, oltre a generare una pressione che aumenta a profondità tra 0 e 3 km circa, genera il sollevamento del suolo, spacca le rocce e produce i terremoti. Già nel 2018 ho informato le istituzioni scientifiche che il perdurare del sollevamento del suolo e l’aumento della pressione interna avrebbe portato ad un aumento della sismicità, sia in numero di scosse, quindi in frequenza, sia in magnitudo”. De Natale ha anche avvisato che “se il livello del suolo si fosse avvicinato o avesse superato quello dell”84, avremmo avuto una sismicità simile o anche più forte di quella del 1983-84. Ed è esattamente quello che sta succedendo. Dal 2006 a oggi la sismicità è progressivamente aumentata, noi la percepiamo soltanto negli ultimi mesi ma i terremoti c’erano già prima, erano pochi, essenzialmente strumentali, non avvertiti dalla popolazione”.
Il problema alla base, spiega ancora De Natale, è la profondità a cui si verificano questi fenomeni: “Questi eventi si verificano a 2-3 km di profondità, molto in superficie, proprio per questo la cosa da fare urgentemente – e che sarebbe stato meglio fare con largo anticipo – è verificare la vulnerabilità degli edifici intorno alla solfatara, in modo tale da essere sicuri non ci siano edifici particolarmente fatiscenti e in quel caso procedere allo sgombero. Nel 1984, quando la crisi sismica era a livelli di questa, tutta Pozzuoli fu evacuata a Monteruscello; ancora prima, nel 1970 il Rione Terra fu evacuato nel Rione Togliano. Sono atti dovuti, anche se non fanno seguito ad eventi sismici importanti”, conclude l’esperto, che poi specifica che si tratta della sua “opinione, basata su quarant’anni di lavoro in vulcanologia nello specifico sui problemi del bradisismo flegreo”.
Nei Campi Flegrei “si sta riproponendo quello che è successo all’inizio degli anni Ottanta, ovvero un aumento della sismicità, chiaramente legata alla dinamica del vulcano in profondità ad alcuni chilometri. L’Ingv sta monitorando minuto per minuto l’evoluzione ma non siamo in grado di prevedere quel che può accadere, certamente ci stiamo avvicinando a una situazione di crisi come quella, appunto, di 40 anni fa. Dobbiamo quindi prestare la massima attenzione”. A dirlo all’Adnkronos il geologo Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “E’ una evoluzione ‘normale’, abbiamo visto che c’è una maggiore frequenza di eventi e sta aumentando un po’ l’intensità. Come Osservatorio Vesuviano dell’Ingv stiamo monitorando anche le variazioni eventuali di gas e la velocità del sollevamento del bradisismo”. “Non abbiamo elementi che ci possano portare a dire che ci sarà una eruzione, però ci sarà un aumento della sismicità” facilmente prevedibile “dall’osservazione statistica del numero crescente di eventi. Per ora nessun allarme, certamente è una situazione su cui noi, come Istituto, abbiamo gli occhi puntati”.
A differenza del più noto Vesuvio, i Campi Flegrei non sono caratterizzati da un unico edificio vulcanico principale, ma sono piuttosto un campo vulcanico attivo da più di 80.000 anni, con diversi centri vulcanici situati all’interno e in prossimità di un’area depressa chiamata caldera. La caldera è il risultato del ripetuto sprofondamento di una vasta area provocato dal collasso del tetto del serbatoio magmatico superficiale a seguito dello svuotamento dello stesso per opera di almeno due grandi eruzioni: l’Ignimbrite Campana (40.000 anni) e il Tufo Giallo Napoletano (15.000 anni). L’eruzione dell’Ignimbrite Campana è l’eruzione a più elevata energia conosciuta nel Mediterraneo: con essa un’enorme quantità di cenere è stata dispersa nell’atmosfera, influenzando il clima non solo a livello regionale ma probabilemte anche a livello mondiale.
Dopo l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano l’attività vulcanica dei campi Flegrei è stata particolarmente intensa con più di 27 eruzioni solo negli ultimi 5.500 anni, l’ultima delle quali, avvenuta nel 1538, ha generato il cono di tufo di Monte Nuovo.
La caldera dei Campi Flegrei è soggetta a lenta deformazione del suolo nota con il nome locale di bradisismo. Nei periodi 1970-72 e 1982-84 l’area flegrea è stata interessata da crisi bradisismiche in cui il suolo, nell’abitato di Pozzuoli in particolare, ha subito un sollevamento totale massimo di circa 3.5 m. La prima crisi causò l’abbandono forzato dell’area fatiscente di Rione Terra; la seconda crisi in particolare fu caratterizzata da intensa sismicità con gravi danni agli edifici. Dopo le crisi si è avuto un periodo di generale subsidenza, interrotta a partire dal 2005 da un’inversione del fenomeno che ha portato ad un costante sollevamento del suolo, al momento ancora in atto.
Allo stato attuale il livello di allerta dei Campi Flegrei è GIALLO, come stabilito dal Dipartimento della Protezione Civile, sulla base dei risultati del monitoraggio e delle valutazioni espresse dalla Commissione Grandi Rischi. Tale livello, a differenza del livello di allerta “verde”, che corrisponde all’attività ordinaria del vulcano, è indice della variazione di alcuni dei parametri monitorati dall’INGV.