Questo pomeriggio alle 16.10 circa, quattro cittadine e cittadini aderenti alla campagna NON PAGHIAMO IL FOSSILE, promossa da Ultima Generazione, hanno preso parte ad un’azione non violenta dimostrativa durante il Giro d’Italia per pochi minuti sulla Strada Regionale 89 “Treviso-Mare”, all’altezza di Roncade (TV). Gli attivisti hanno esposto striscioni con su scritto “NON PAGHIAMO IL FOSSILE” per comunicare con i milioni di spettatori di questa storica manifestazione sportiva. Dopo essersi incatenati al guard-rail sul ciglio della strada, sono stati velocemente fermati dalle forze dell’ordine.
“Preferirei non arrivare a questo. Preferirei stare con mio nonno, stare tranquillo sul mio divano a guardare il Giro d’Italia, mentre il Governo fa il suo lavoro. Ma non è la realtà. La realtà è che il mondo in cui ci mandano i politici è un mondo in cui il Giro d’Italia non può più esistere. In questo mondo saremo impegnati a lottare per nutrire noi stessi e per salvare le nostre famiglie. In queste condizioni affronteremo guerre per l’acqua e il cibo e carestie. Dobbiamo agire oggi per salvare ciò che si può ancora salvare“ ha dichiarato uno dei cittadini che ha preso parte all’azione.
Il Giro d’Italia, ogni edizione, al di là del fatto agonistica, attraversando la Penisola, ci offre la visione del paesaggio italiano. Predominano spesso, riprese dagli elicotteri, le immagini di zone legate alla strategica vocazione agricola italiana. E anche in questi giorni, mentre in Emilia- Romagna la situazione dei territori colpiti dall’alluvione, uscito di nuovo il sole, si presenta ancora più evidente nella sua drammaticità, lo sport come la politica proseguono la loro esistenza come se niente fosse accaduto. Sarebbe però importante fermarsi a riflettere il tempo necessario per capire che è imprescindibile una radicale inversione di rotta. Le associazioni agricole continuano a tracciare con lucidità la conta dei danni. “A quelli sulla produzione agricola si aggiungono – sottolinea la Coldiretti – quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali dove si moltiplicano frane e smottamenti. Sono a rischio nell’intera filiera almeno 50mila posti di lavoro”.
La stima di Confagricoltura Emilia Romagna è fino a 6.000 euro a ettaro di danni per i seminativi (grano, orzo, mais, soia, girasole, erba medica, colture orticole e sementiere) e 32.000 euro a ettaro per frutteti, vigneti e oliveti, inclusi raccolti persi e costo dei reimpianti. Sono per prime le stesse organizzazioni agricole ad aver capito l’imprescindibilità di scelte strutturali di progetto. “La drammatica alluvione palesa ancora una volta la grande necessità per l’Italia di dotarsi di un serio e strutturato piano nazionale di assetto idrogeologico – sono le parole del Presidente nazionale di Copagri Tommaso Battista – che contrasti con decisione il consumo di suolo e l’incuria del territorio, contenendo gli effetti del cambiamento climatico e del surriscaldamento globale”. Questa situazione, che ora si abbatte con una gravità imponderabile sull’Emilia-Romagna e le Marche, tra qualche giorno, considerata la filiera agroalimentare che da quelle terre serve gran parte dell’Italia, arriverà direttamente sulla tavola e nelle tasche degli italiani. Già da qualche giorno, in molti supermercati italiani mancano o scarseggiano frutta e verdura che proveniva da quei territori.
Ma anche ieri, durante il CdM dedicato all’alluvione in Emilia-Romagna, il governo Meloni è sembrato sordo e lontano da una nuova impostazione. Nella conferenza stampa della Presidente Meloni, è presente soltanto la messa in campo di risorse emergenziali a sostegno delle zone colpite. Asciugate le lacrime dall’emozione provocata dalla sciagura, persone e territori rimarranno di nuovo soli. Se la cosa non fosse tragica, ci sarebbe da ridere alla notizia che il da poco nominato Commissario per la Siccità, sia stato ieri nominato anche Commissario per l’Alluvione.
Dal Governo neanche una parola su una politica radicalmente diversa per la messa in sicurezza geomorfologica ed idrogeologica, di fronte all’accelerazione della crisi climatica. Invece noi avanziamo una proposta molto semplice e corposa al Governo, la stessa per la quale con i nostri corpi vulnerabili ci battiamo in maniera nonviolenta da anni: prendere i 41,8 miliardi di euro di soldi pubblici (dato del 2021) che il Governo destina alle industrie private del fossile, per destinarli alla messa in sicurezza del Paese di fronte alla catastrofe climatica. Sono miliardi, a differenza dei provvedimenti di ieri del Governo, che invece sono nell’ordine dei milioni, e legati a gettiti i più diversi tra loro, compresi quelli derivanti dal Superenalotto.