È stato approvato in Senato ieri, con 85 voti favorevoli, 53 contrari e 5 astenuti, il ddl di iniziativa governativa n. 693 e connessi recanti “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 635 e 639 del codice penale”, come modificato dalla Commissione Giustizia.
Si tratta del testo presentato dal ministro Sangiuliano lo scorso 11 maggio, al quale l’esame in Commissione aveva aggiunto l’inasprimento delle pene per l’imbrattamento di “teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali”, attraverso una modifica all’art. 639 del codice penale: a queste ipotesi si applicherà la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro (attualmente è prevista una multa di 103 euro).
Il provvedimento passa ora all’esame della Camera, dopo una discussione in tempi record, come è auspicabile quando ci si trova di fronte a emergenze sociali che riguardano un Paese, che prevede nuove sanzioni amministrative da 10.000 a 40.000 euro per chi “deturpa o imbratta” beni culturali.
Peccato che esista una differenza sostanziale, un abisso incolmabile tra quello che si è consumato ieri nel Senato della Repubblica italiana e porta la firma di 85 persone elette dal popolo italiano e le azioni di Ultima Generazione.
Da un lato, la criminale volontà di portare avanti gli interessi delle élite del fossile; la pervicace ostinazione nel rendere l’Italia un hub del gas; la consapevolezza di condannare così a una vita indegna e alla morte molti dei propri concittadini, primi fra tutti anziani e bambini, e con essi i propri amici e i propri familiari. E il malcelato piacere di punire in maniera esemplare chiunque osi dissentire.
Dall’altro, il terrore del collasso climatico, che diventa ogni giorno più concreto e reale; l’urgenza di richiamare l’attenzione sul problema dei problemi, ormai non più eludibile; la necessità di chiedere un intervento a chi, solo, detiene il potere di invertire la rotta. Ma soprattutto la tristezza e la rassegnazione di doverlo fare ricorrendo a metodi che non piacciono a nessuno, prima di tutto a coloro che li mettono in pratica, pur mantenendosi nell’alveo della nonviolenza.