Glickon: oltre il 40% dei lavoratori controlla le e-mail mentre il 20% dichiara di sentirsi in dovere di essere reperibile e disponibile tanto da portare in valigia con sé PC e telefono aziendale
L’estate, si sa, porta con sé la voglia di partire, viaggiare, godersi un po’ di meritato relax e staccare la spina. Soprattutto dal lavoro. Un aspetto che oggi è sempre più protagonista della nostra quotidianità: basta infatti pensare che, nell’arco della nostra vita, passiamo oltre 90mila ore lavorando e 200 ore all’anno a sognare una vacanza come ha rilevato Glickon nel suo Osservatorio.
All’atto pratico, quindi, quanto riusciamo e vogliamo davvero goderci il nostro tempo libero o il nostro viaggio senza pensare all’ufficio, ai colleghi a cui abbiamo delegato le nostre mansioni, ai progetti che stiamo seguendo, alle infinite e-mail che riceviamo a qualunque ora e da qualunque latitudine?
Poco, secondo quanto rilevato da Glickon, perché, anche se in ferie, oltre il 40% dei lavoratori controlla le e-mail mentre il 20% dichiara di sentirsi in dovere di essere reperibile e disponibile tanto da portare in valigia con sé PC e telefono aziendale. Comportamenti che per i Millennial rispondono al concetto di flessibilità, mentre per la Generazione X e i Boomer sono diventati un’abitudine derivata da un modello impostato sull’overworking. Prospettiva diversa per gli ultimi a essere entrati nel mondo del lavoro, i GenZ, che invece pongono il work-life balance come priorità.
Nasce quindi spontaneo chiedersi se, oggi, quell’out-of-office che segna l’inizio delle vacanze abbia ancora senso. In questo scenario, a cui si aggiunge una grande incertezza a livello economico e sociale, diventa dunque necessario riflettere sull’importanza e la necessità di staccare, o perlomeno imparare a farlo, per avere un sano e corretto work-life balance qualunque sia il livello della propria carriera. Ripensare dunque al significato e all’opportunità che le vacanze rappresentano. Glickon ha quindi chiesto a Monica Bormetti, psicologa del lavoro che si occupa di formazione e coaching su work-life balance e benessere digitale, 5 consigli per ri(trovare) un equilibrio in vista dell’estate e della pausa lavorativa.
1) Accogliere la pigrizia. In un mondo che nell’esaltazione della fatica provata dal lavoro determina il grado di successo e denigra il ‘non fare nulla’ e il valore dell’ozio emerge lo stress-laxing. Ovvero, la manifestazione di un forte stress che arriva proprio nel tempo libero, momento in cui invece dovremmo (e vorremmo) solo rilassarci. Per evitare di cadere in questa condizione è importante concentrarsi sull’imparare a godere dei piccoli momenti di sana pigrizia anche e soprattutto in viaggio.
2) Coltivare il piacere delle cose belle. Individuare una cosa che ci piace fare ci nutre l’anima, ci fa davvero stare bene nella nostra quotidianità: per tutti questi motivi è importante farla diventare una piacevole abitudine e imparare a seguirla, trasformarla in un rituale di benessere a cui restare fedeli. Siamo spesso orientati al dovere e meno al piacere, le vacanze sono invece un momento in cui possiamo esagerare e concentrarci sul vero significato dello star bene.
3) Fissare limiti, sostenibili. Impostare limiti chiari e fattibili tra il lavoro e il tempo libero o quello che vogliamo dedicare a noi stessi è un ottimo esercizio per avere un sano equilibrio tra le nostre varie dimensioni e ruoli. Per esempio, se avete sempre dato un’occhiata alle e-mail di lavoro in vacanza, quest’anno potreste provare a farlo solo in certi orari, in certi luoghi, non lasciando che questa abitudine pervada le vostre giornate.
4) Praticare il self-care. Bene abbracciare la pigrizia, ma occorre sempre tenere a mente che anche in vacanza bisogna prendersi cura di sé fisicamente e mentalmente. Fare quindi attività fisica regolare, mangiare in modo sano, dormire a sufficienza e cercare attività che rilassino come meditare, fare yoga o leggere un buon libro sono occasioni che vanno colte al volo. Viviamo di stimoli ed energie, ricordiamoci quindi di cercarli e ricaricarle. Saranno preziosi alleati per un rientro al lavoro più positivo e piacevole.
5) Delegare e imparare a dire di no. Evitare di cercare di fare tutto da soli, imparando a delegare e dire di no quando necessario è fondamentale per crescere. Non sovraccaricarsi di lavoro e poter dedicare tempo alle proprie passioni e interessi personali porta valore a noi come persone, ma anche alle realtà per cui lavoriamo. Vivere in modo più leggero, quasi giocoso, scrollandosi di dosso la pesantezza che a volte un ‘no’ può portarsi dietro rende davvero liberi.
“In Glickon – commenta Carlo Rinaldi, chief marketing officer di Glickon – poniamo molta attenzione all’uso del linguaggio umano così come a quello delle macchine e della tecnologia con cui lavoriamo ogni giorno. Vogliamo portare quindi un nuovo modo di agire in ambito hr che riguarda la realizzazione del talento. Non solo quindi attrarre e trattenere ma soprattutto fare in modo che ogni persona si senta, per l’appunto, realizzata. Diventa quindi fondamentale che il lavoro sia sostenibile, che le persone siano rese protagoniste, ascoltate nelle loro necessità e che siano messe nella condizione di operare in relazione a colleghi e contesti lavorativi che privilegino modelli di business personalizzati e non più standardizzati. È infatti in mano alle organizzazioni la responsabilità di promuovere e creare un corretto work-life balance e una cultura del lavoro sana. In questo senso personalizzare l’esperienza di lavoro è fondamentale per accogliere il contesto, i ritmi e le esigenze di ciascun individuo”
Quindi, Glickon come aiuta le persone a (ri)trovare un sano equilibrio tra lavoro e tempo libero? È tutto racchiuso nel suo motto: Work better, Live better. Un lavoro migliore passa infatti anche attraverso un vivere al meglio. Nel concreto, per esempio, Glickon aiuta le aziende ad analizzare e misurare la work sustainability: un fattore essenziale perché aumenta l’engagement aziendale e diminuisce potenziali fattori di turnover e soprattutto permette alle persone di stare meglio.
Per farlo analizza dati attivi (feedback qualitativi, survey Ona organizational network analysis, survey di engagement, etc) che passivi (collegamento a e-mail, calendari, ecc.) con l’obiettivo di fornire ai leader una dashboard completa della work sustainability della propria organizzazione. Ovvero una ‘carta di identità’ dello stato di salute dei team utile a far intraprendere al management azioni concrete con cui migliorare le esperienze di lavoro delle persone.
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