Il percorso verso l’accettazione di sé e del proprio corpo non è sempre facile né scontato. Spesso, poi, passa attraverso gli occhi di chi ci circonda e cerca di imporci, seppur con affetto, un modello che non ci appartiene. Di questo parla “Nina” (Castelvecchi editore), primo romanzo di Silvia Sangriso: di relazioni tossiche, corpi, solitudine ma anche di rivincite, indipendenza e amor proprio.
L’autrice, architetta, nata a La Spezia nel 1989, presenterà l’opera venerdì 7 giugno alle 19 nella libreria Miele Amaro di Cagliari in conversazione con Alessandra Ghiani.
L’evento è realizzato in collaborazione con la libreria Mieleamaro di Cagliari.
Il libro. È sull’orlo dei trent’anni, Nina, sta a casa con mamma, papà, fratello e nonno, il cui odore aspro di malattia le si attacca addosso come un’altra pelle. È sull’orlo di un burrone, ogni giorno, Nina: un lavoro da cementare ancora e un amore finalmente buono da inventare, se solo sapesse come si fa. In fondo, vorrebbe solo dormire e sorridere, e così quando il nonno muore ci prova con lo Zoloft – con lui funzionava – e se lo nasconde in fondo al cassetto delle mutande. Ma è più complicato di così, per lei, per Nina la Balena che, da bambina, accatastava Oro Saiwa, Nastrine e plumcake sotto al banco e che ora, donna, si intestardisce a voler dare un nome alle cose, anche se si rivela puntualmente il nome sbagliato. E allora decide di ricominciare tutto daccapo, vola, cade e si rialza. Nina si sente sola ma non lo è davvero, ha i soliti chili di troppo che non la mollano mai e quel disperato desiderio di rivendicare un piacere tutto per sé, di fare tutte le altre cose, quelle non da lei. Ci si può liberare di qualcosa che ci sfugge di continuo? E possiamo riuscirci da soli? Silvia Sangriso ci conduce dritti dritti al centro del buco nero di noi stessi con una storia che ci addolora e poi guarisce, in un andirivieni concitato, struggente. Da cui però si può sempre ricominciare.